Recensione

Chronicle of Innsmouth

Avatar

a cura di Daniele Spelta

Redattore

Howard Phillips Lovecraft ha trasformato i peggiori incubi della psiche umana in realtà, ha popolando i suoi racconti con terribili mostri tentacolari e divinità ctonie, rendendo celebri nell’immaginario comune nomi come Cthulhu o Dagon. Le classiche avventure grafiche firmate LucasArts hanno insegnato ad usare un pollo di gomma come carrucola o che uno scolapasta è anche un ottimo casco per farsi sparare da un cannone in un circo guidato da una improbabile coppia di fratelli italiani. Cosa hanno in comune questi due mondi? Nulla, se non Chronicle of Innsmouth, un bizzarro punta e clicca made in Italy, nato dalla passione di Umberto Parisi e Amedeo Vasaturo, accomunati entrambi da uno smisurato amore per i vari Monkey Island e Maniac Mansion, così come per l’horror putrescente di H. P. Lovecraft. Chronicle of Innsmouth è un’opera grezza, spontanea, sregolata e alle volte anche brutta, ma a cui non manca di certo la voglia di sperimentare, sia per la storia narrata sia per la rottura di alcuni schemi tipici del genere. Il coraggio di fondere assieme due scuole di pensiero così polari e totalmente agli antipodi non poteva che venire da un titolo tanto insolito e sui generis. 
Verso Innsmouth
Il protagonista dell’avventura è un giovane ragazzo appena maggiorenne che, per sua inconsapevole sfortuna, ha deciso di festeggiare l’evento con un viaggio attraverso i luoghi fisici e della memoria del New England, regione del nord est americano di cui era originaria sua madre. Fra le città segnate sul suo taccuino figurano Arkham – non quella dell’uomo pipistrello – ma soprattutto Innsmouth, una cittadina avvolta nel mistero di cui nessuno vuole parlare. Un rapido incipit avverte il giocatore di un terribile incidente che ne ha colpito le coste, ma forse questa è solo una parte di una verità ben più sconvolgente. I lettori affezionati di Lovecraft con ogni probabilità avranno già capito dove Chronicle of Innsmouth andrà a parare, perché l’opera di Psychodev – questo il nome del team alle spalle del titolo – è fortemente basata su un preciso racconto dell’autore maledetto, L’Ombra su Innsmouth, un concentrato di orrori e deformità marine, culti ancestrali e sacrifici umani. I temi trattati sono marchiati a fuoco con il sigillo di Lovecraft, eppure la prima metà del gioco lascia completamente spiazzati per le battute taglienti, per i dialoghi sferzanti e per una continua rottura della quarta parete, con il giovane protagonista che spesso si rivolge direttamente al giocatore dandogli del tu. Pur senza le derive non-sense, con piccioni giganti o gare di insulti, le fasi iniziali di Chronicle of Innsmouth sono un chiaro tributo ai grandi classici del genere, sono forse un’eresia per chi è cresciuto nel culto di Cthulhu, ma funzionano egregiamente, e mettono inoltre in scena una serie di personaggi secondari a cui è facile affezionarsi per le loro stramberie, come un inquietante appassionato di modellini che fissa tutto il giorno le rotaie, oppure Melvin, lo scorbutico aiutante di biblioteca con cui avrete a che fare nella ricerca di informazioni su Innsmouth. I rimandi al passato fioccano poi numerosi: è impossibile non rivedere sotto la bionda chioma dello sfortunato protagonista un novello Guybrush Threepwood, così come non mancano delle evidenti citazioni, come una pianta di nome Chuck piazzata all’interno di un decadente YMCA. La misteriosa città rimane per lunghi tratti sullo sfondo, ma gli autori sono stati abili a creare un sapiente puzzle pezzo dopo pezzo, con rapidi flashback dalle tinte noir in cui vengono a galla gli orrori perpetrati dalla strana popolazione che vive ad Innsmouth, e incursioni di personaggi che lasciano presagire come i toni scanzonati lasceranno ben presto il passo ad un’atmosfera più tipicamente lovecraftiana. Cosa che puntualmente avviene quando il protagonista, dopo una serie di incontri bizzarri e racconti detti fra i denti, riesce finalmente a salire sull’autobus che lo porta a Innsmouth, scaricandolo in quella che è una città quasi fantasma, dove si aggirano strani uomini (?) dall’altrettanto strano colore della pelle, mentre l’aria pesante e salmastra copre le case fatiscenti con una spessa coltre putrescente. Nella seconda metà di Chronicle of Innsmouth pare di trovarsi davanti ad un altro gioco, le tracce di umorismo svaniscono poco alla volta, lasciando spazio ai deliri e agli incubi di vecchi pazzi, ad un pesante fardello che i pescatori di Innsmouth hanno inciso sulla loro pelle da generazioni, dove il culto di Dagon non lascia spazio ai timorati di Dio. Suona strano, ma anche questa questo cambio di direzione funziona e tutto d’un tratto sullo schermo prende vita in tutto e per tutto un racconto partorito dalla mente malata dell’autore americano. Occorre però sottolineare come, se le due parti prese da sé funzionino alla grande, messe una di fianco all’altra creino uno stridente ossimoro, soprattutto vista la discesa sempre più repentina in un buio appiccicoso e marcio che la storia prende nella parte finale, capace di far dimenticare, fin quasi rendendoli superflui, i brillanti e insani dialoghi scambiati pochi minuti prima. A proposito dei segmenti finali, senza scendere ovviamente negli spoiler, sappiate che il rischio di ritrovarsi un retrogusto amaro sul palato è alto, in particolar modo per chi ha masticato molti racconti di Lovecraft. Non vado oltre.
Sperimentare su solide basi
La profonda dicotomia che separa le due fasi di Chronicle of Innsmouth non vale solo a livello narrativo, ma viene sfruttata anche per proporre variazioni in termini di giocato. L’opera di Psychodev è un’avventura grafica in vecchio stile e utilizza il classico SCUMM, con l’interfaccia divisa fra i verbi posti nell’angolo sinistro dello schermo, mentre in quello opposto trova spazio un inventario a dire il vero piuttosto ristretto. Mentre si interagisce con vecchie bisbetiche e suore alcolizzate, Chronicle of Innsmouth non brilla certo per la varietà o la difficoltà degli enigmi: gli oggetti da gestire contemporaneamente nel corso dell’avventura non superano mai i quattro o cinque e questo facilita di molto il compito nel momento in cui bisogna interagire con lo scenario tramite il classico puntatore oppure dare l’esatto oggetto ad un bibliotecario che ce l’ha con il mondo. Raramente superare un ostacolo richiede più di qualche minuto di riflessione, ma questo non è necessariamente un male, anzi agevola il piacevole scivolamento della storia nei meandri sempre più crudi del racconto di Lovecraft. L’arrivo ad Innsmouth viene ancora una volta giocato come pretesto utile per dare una sferzata, non solo ai ritmi e alle battute, ma anche al gameplay, soprattutto nelle sezioni finali dell’avventura. Gli enigmi tipici da avventura grafica vecchio stampo non vengono del tutto meno, ma sono accompagnati da variazioni sul tema, alcune riprese da un altro filone storico dei punta e clicca, altre decisamente più moderne, ma che inserite nel contesto di Chronicle of Innsmouth hanno un effetto all’inizio un po’ spaesante. Proprio come nei classici Sierra, anche in Chronicle of Innsmouth la lapidaria scritta Game Over è un pesante ospite con cui fare i conti: interagite con l’oggetto sbagliato, finite in un percorso senza via di uscita, tirate la leva prima di aver risolto un enigma e morirete. In ogni caso la funzione di autosalvataggio evita di dover compiere da capo lunghe sezioni prima dell’irreparabile, annullando così ogni qual sorta di eventuale frustrazione. I richiami alla nuova era delle avventure grafiche, per intenderci quella iniziata con le varie produzione Telltale Games, sono invece ravvisabili in alcune brevi sezioni dove entrano in gioco i QTE e azioni più dinamiche, contestualizzate sapientemente dal team per dare maggiore ritmo alle fasi più concitate del racconto. Permane lo straniamento per l’improvviso passaggio, ma la scelta di design risulta in fin dei conti adeguata.
Pixel Argh
Per dar vita al loro sogno – o forse incubo – i ragazzi di Psychodev si sono affidati ad Adventure Game Studio e all’aiuto della sua community, ma il popolare engine in questo caso non riesce a ricreare senza sbavature quel feeling tanto caro a chi ha vissuto il periodo di gloria dei giochi LucasArts, a causa di una realizzazione tecnica altalenante e all’assenza di una reale direzione artistica. La risoluzione a 320×200, quando viene upscalata sui monitor moderni, produce un effetto grossolano, i personaggi sono per lo più composti da macchie monocromatiche nelle quali è difficile scorgere qualsivoglia dettaglio, mentre i fondali hanno una qualità in complesso altalenante. Altre volte le scelte grafiche e artistiche hanno delle dirette ricadute sul design, come quando lo schermo viene ridotto per dare maggiore risalto ad un flashback o per simulare un primo piano, facendo però diventare pressoché invisibili gli elementi con cui interagire e così l’unica soluzione diventa quella di passare al setaccio ogni singolo pixel. La pressione della barra spaziatrice evidenzia comunque gli hotspot, ma questo non viene detto da nessun parte ed è un trucchetto che solo chi ha un po’ di avventure grafiche alle spalle potrebbe conoscere. Sotto il profilo audio non c’è invece molto da segnalare, se non per la traccia iniziale e quella che accompagna i titoli di coda, che sembrano uscire da qualche album degli … And Oceans, ma che poi svaniscono per lasciare spazio per lo più a rumori di fondo e motivi lineari. Chronicle of Innsmouth non è certo un titolo perfetto ma, per la felicità di noi giocatori italiani, ogni testo è tradotto nella nostra lingua, mentre non esiste alcun tipo di doppiaggio.

HARDWARE

Requisiti minimi: – Sistema operativo: Windows XP or higher– Processore: Intel or AMD CPU– Memoria: 512 MB di RAM– Scheda video: 320×200, 32 bit colour– DirectX: Versione 9.0c– Memoria: 800 MB di spazio disponibile– Scheda audio: All DirectX-compatible sound cards

Requisiti consigliati:– Sistema operativo: Windows 8 or higher– Processore: Intel or AMD cpu– Memoria: 1 GB di RAM– Scheda video: 320×200, 32 bit colour– DirectX: Versione 9.0c– Memoria: 800 MB di spazio disponibile– Scheda audio: All DirectX-compatible sound cards

– Tanta voglia di sperimentare

– Completamente in italiano

– Enigmi con il giusto tasso di difficoltà

– Dialoghi ben scritti

– Un viaggio interattivo negli incubi lovecraftiani

– Pixel art sottotono

– Le due parti stridono in qualche modo se messe a confronto

– Il finale sarà prevedibile per alcuni

– Alcune scelte di design poco fortunate

6.6

Chronicle of Innsmouth va preso per quello che è, ossia il frutto del lavoro di una coppia di appassionati tanto delle avventure LucasArts che dei racconti di H.P. Lovecraft e quindi, paragonare un gesto tanto spontaneo con i mostri sacri del genere, sarebbe un errore quanto mai grossolano: impossibile mettere sul piatto della bilancia perle fisse nel firmamento videoludico con un gioco che viene venduto a circa 7 euro su Steam e sul quale ha lavorato un team composto da due o tre sviluppatori. Fatte le dovute proporzioni, Chronicle of Innsmouth rimane una strana creatura, che nelle quattro ore scarse necessarie per portarlo a termine si evolve e si deforma, proprio come le tentacolari divinità del pantheon lovecraftiano. Non è un titolo esente da pecche, la pixel art è ben lontana dai suoi fasti e anche l’evoluzione della storia alle volte incespica e fa a cazzotti con quanto è accaduto dieci minuti prima. Nonostante questi evidenti difetti, va comunque premiato il coraggio e la voglia di sperimentare, sia per l’accostamento improbabile dei termini, sia per un gameplay che cerca di rompere degli schemi fissi da decenni.

Voto Recensione di Chronicle of Innsmouth - Recensione


6.6