Chris Avellone racconta Prey

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a cura di Gottlieb

Dietro la storyline e l’intera narrativa di Prey c’è un nome altisonante e ben noto nell’industria: si tratta di Chris Avellone, uno degli autori di RPG più apprezzato di sempre, che negli anni ’90 riuscì a costruire una fanbase tanto vasta da essersi guadagnato imperitura stima e memoria. Avellone, dopo aver collaborato negli ultimi anni ’90 a titoli come Falluot 2 e Icewind Dale, si ritrovò a lavorare su Planescape: Torment, il titolo per cui è a oggi più ricordato e conosciuto. Nel suo portfolio troviamo Icewind Dale II, Star Wars: Knights of the Old Republic II: The Sith Lords e Neverwinter Nights 2, Alpha Protocol, Fallout: New Vegas e molti altri RPG. Un genere che lo ha visto sempre sulla cresta dell’onda. Adesso tutta la conoscenza da gioco di ruolo che impregna le mani di Avellone è pronta a sbarcare su Prey, un FPS che ha deciso di porre l’accento sulla narrazione, partendo da un fortissimo “what if” storico. Per farci raccontare tutto ciò che riguarda, quindi, l’aspetto del narrative designer, abbiamo avuto la possibilità di intervistare Chris Avellone.

Chris, innanzitutto partiamo dal plot di Prey. John F. Kennedy è sopravvissuto all’attentato del 1963 e questo è sicuramente uno dei più grandi “what if” mai pensati. Qual è stata la tua reazione a quest’idea quando Raphael Colantonio te l’ha proposta? In che modo, poi, siete arrivati alla storia definitiva partendo da questo pitch?

“Ho amato l’idea sin da subito. Mi piace tantissimo avere a che fare con i “what if” e giocarci, soprattutto se fanno riferimento alla storia recente: è un aspetto che rievoca molto i miei giorni da fan degli RPG, quando il nostro gruppo di gioco si divertiva a cambiare le carte in tavola della storia moderna e di conseguenza tutti i setting di questo mondo. Prey non è per nulla diverso. Quando il topic è venuto a galla, ho avuto un attacco di nostalgia e mi sono subito emozionato per le possibilità che ci offriva tale storia e tutto ciò che sarebbe potuto accadere nel corso della timeline, soprattutto avendo a che fare con tutto il concept dei Neuromods. Per quanto riguarda il mio ruolo all’interno del team di scrittura, parto col dire che la storyline principale è stata sviluppata da Raphael (Colantonio, ndr), il project director, e Ricardo (Bare, ndr), lead designer e writer, sebbene io abbia aiutato con la lore e con tutto l’aspetto storico, che si ritroverà in moltissimi dei libri e altri contenuti presenti a Talos. Oltre al supporto dal punto di vista dei personaggi, parte del mio lavoro sul gioco è stato trovare i giusti modi per raccontare ciò che sta accadendo sulla Terra e cosa è accaduto fino a quel momento, così da far sembrare tutto l’universo molto più grande di quanto realmente sia. Chiaramente non è stato un lavoro esclusivamente mio, perché anche Ralph e Ricardo, con molti altri del team di Arkane, hanno contribuito allo sviluppo della storia”.
Dove hai trovato l’ispirazione per i tuoi personaggi e per la storia di Prey? Cos’è che ti ha ispirato principalmente nella scrittura?“Quando Ricardo mi ha dato le linee guida sui personaggi che avrei dovuto scrivere, mi ha aiutato molto inserendo in ogni riassunto  un dettaglio che li distinguesse dagli altri o qualche studio approfondito della loro personalità che potesse entusiasmarmi solo a leggerne l’inizio. Poteva trattarsi di qualsiasi aspetto: un inusuale disordine mentale, un legame a uno specifico programma spaziale di qualche Paese, solitamente la Russia, o anche l’essere specializzato in un determinato campo scientifico. Ricercare questi aspetti dei personaggi e lavorare su di essi spesso ti porta ad avere delle idee che vanno incorporate in quello che è l’intero arco narrativo della storia stessa. C’è stato poi un altro elemento di ispirazione molto forte, ossia il fatto che ogni personaggio avesse due prospettive diverse di te: una è quella che si ha prima che il gioco possa partire, e l’altra è quella che hanno quando ti incontreranno in un secondo momento, il che significa che il giocatore potrà approcciarli come se fosse un puzzle, provando a capire che relazioni aveva con l’NPC in questione. Inoltre l’NPC potrebbe anche non rendersi conto che siete leggermente diverso da quando ti hanno incontrato l’ultima volta”.

Quando hai studiato il primo Prey? Quanto hai preso di quel capitolo per creare questo reboot?“Ho giocato poco al primo gioco, ma mi sono comunque divertito moltissimo. Questo Prey non ha mai minimamente pensato di ricollegarsi allo stesso universo, in ogni caso. Inoltre ha anche un game design completamente diverso, oltre che tutti gli elementi in gioco, che si distaccano completamente dal primo. Non c’è spazio per elementi del precedente”.

In Prey potremo scegliere il nostro futuro, con diverse scelte dalla nostra da prendere. Questo significa che la storia sarà modellabile a nostro favore o alla fine ci ritroveremo sempre con lo stesso finale?
“Ci siamo rifatti moltissimo a quanto accade nei giochi di ruolo ed è stato molto bello introdurre degli elementi RPG in un ambiente FPS; in più abbiamo la possibilità di gestire tutto in un contesto open world e ti dà la sensazione che soltanto il giocatore può realmente influenzare la narrazione e i suoi risultati. Ci sono moltissime strade diverse per completare Prey, con alcune che potrebbero anche sorprendere il giocatore: il gioco tiene traccia di tutte le azioni compiute e chiaramente anche le scelte prese durante la storia. Saranno fondamentali anche le variazioni di identità che avrete nel corso del gioco”.
Lasciamo per un attimo Prey e parliamo del tuo prossimo lavoro: Alaloth di Gamera Interactive. So che forse non puoi dire molto, ma ci piacerebbe scoprire come è nato il rapporto con Alberto Belli.“Sono felice di parlarne, in realtà. Alberto e io ci siamo sentiti via email per parlare di game design e anche di molti argomenti riguardanti la lore. L’ho incontrato, faccia a faccia, in Croazia un anno fa e di nuovo quest’anno per la Reboot Conference. Alberto è una persona incredibile, è un piacere lavorare con lui, e ci sono moltissime meccaniche nel gioco che mi interessavano, quindi quando mi ha chiesto se volessi inserire le mie skill all’interno del videogioco ho accettato. Mi sono reso conto che sarei stato capace di aiutare molto di più con la lore e con la caratterizzazione dei personaggi più di quanto pensassi e mi sono divertito molto lavorandoci e, come d’altronde immaginavo, lavorare con Alberto è molto divertente. Il team di Gamera poi ha degli ottimi artisti e sono molto entusiasta di tutti gli elementi in gioco, dal concept al resto”.

Sei uno degli scrittori più amati dai fan degli RPG, da Plaescape Torment fino a Baldur’s Gate. Come valuti, a questo punto, l’attuale scena degli RPG, facendo riferimento a titoli come The Witcher o Skyrim?“Non ho lavorato a Baldur’s Gate (avrei voluto, però), ma ho lavorato a Dark Alliance con Snowblind. Per me gli RPG moderni sono ancora molto simili a quelli del passato, ma con molte più stanze da esplorare e molti più incarichi narrativi di cui preoccuparsi. Penso anche che gli RPG siano diventati molto più facili, grazie ai quest marker, molte funzioni automatizzate, ma il cuore è ancora quello. Ripeto che è stato davvero emozionante portare molti elementi RPG all’interno di Prey, soprattutto per quanto riguarda la reattività. Ho imparato davvero molto anche da Arkane: mi hanno aperto gli occhi verso molti approcci molto unici al weapon design e all’encounter design”.

Le aspettative dal punto di vista narrativo sono alte, per Prey. Non ci resta che attendere la nostra recensione, che arriverà tra pochi giorni, ma comunque dopo il day one. Intanto possiamo partire da un’idea forte alla base del progetto di Arkane Studios: per il narrative design si sono affidati a un team al quale può andare solo grande rispetto.