Recensione

Child of Light

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Ognuno di noi è stato un bambino e ognuno di noi è cresciuto. Ma dentro, in un angolo della nostra anima, il bambino è ancora presente, e, nel caso di noi videogiocatori, occupa probabilmente più spazio di quanto non faccia altrove.Proprio a questo bambino si rivolge Child of Light, che è la versione digitale della storia che ci ha accompagnato tra le braccia di Morfeo innumerevoli volte, in un tempo che adesso ci sembra lontanissimo.Dopo il successo delle versioni casalinghe, ecco arrivare quella portatile, su PsVita: varrà la pena di raccontare questa fiaba ancora una volta? Scopriamolo insieme.

Welcome to LemuriaAddormentatasi nel suo letto come tutte le sere, Aurora, giovane figlia del duca d’Austria, si risveglia in un mondo a lei sconosciuto, popolato di strane creature e pervaso da un sottile velo di malinconia: Lemuria.Al disorientamento lascia presto il posto l’angoscia, quando la piccola ha una visione di suo padre in lacrime: nel mondo reale, tutti la credono morta, assiderata da una brezza gelida che l’ha sorpresa nel sonno.Child of Light è la storia del viaggio di Aurora verso casa, e di tutte le strambe figure che incontrerà lungo il suo cammino: l’intreccio è l’ennesima declinazione di quanto visto e sentito milioni di volte da milioni di bambini sparsi per il mondo, ma è più il come che il cosa a far breccia nel cuore del giocatore, che sia un novizio o un veterano.Nonostante il lavoro di traduzione dei versi in rima non sempre soddisfi (d’altronde la sfida proposta era fuori portata), la leggerezza dei toni e la tenerezza di certi passaggi non ne escono eccessivamente ridimensionati, regalando scambi di battute al limite della poesia al giocatore che si premurerà di leggere.La banalità della storia di sottofondo sposta l’attenzione sui personaggi, sul mondo che ospita Aurora, sulle relazioni che questa intesse con gli improbabili compagni di viaggio: nelle lacrime del pavido Finn ritroverete molte delle vostre paure infantili, e nemmeno i più duri di cuore riusciranno a non sorridere all’ennesima quartina mandata in malora dalla goffaggine di Rubella.E poi c’è Igniculus, presenza costante quanto preziosa, che condivide con la nostra protagonista il fardello dell’avventura, incoraggiandola nei momenti di tristezza e frenandone gli ardori legati alla giovane età.

JRPG franco/canadeseOltre che un racconto delicato e nostalgico, Child of Light è un gioco di ruolo altrettanto etereo nelle dinamiche, che unisce la gioia dell’esplorazione tipica dei giochi a piattaforme con un sistema di combattimento che rende omaggio a diversi classici dell’epoca d’oro del genere, che si fa comunemente coincidere con gli anni ’90.Se i primissimi attimi riportano alla mente le atmosfere intrise di tristezza di un Limbo qualsiasi, già dopo un’ora di gioco, acquisendo l’abilità di volare, si apprezza maggiormente un level design che, pur nella sua linearità, premia con piccole gratificazioni quanti vorranno dedicare qualche minuto all’esplorazione, salvaguardando l’impareggiabile gusto per la scoperta del bambino di cui sopra, quello dentro ognuno di noi.I nemici, chiaramente visibili su schermo e facili da evitare, pattugliano le loro aree di competenza come piccoli automi, sebbene il loro aspetto ben si sposi con il mondo che li ospita: dopo poco, appare evidente come siano stati messi lì dai ragazzi di Ubisoft Montreal solo per giustificare l’inserimento di un sistema di combattimento fresco e dinamico che, pur a turni, fa del tempismo la sua chiave di volta.

Una barra ATB in fondo alla schermata dedicata al combattimento ne scandisce i turni, con le icone dei nostri personaggi (Aurora ed un compagno) e dei nemici che scorrono da sinistra verso destra, fino ad entrare nella fase di preparazione, che precede direttamente l’azione intrapresa per quel turno.Chiunque venga colpito da un attacco durante la fase di preparazione, contrassegnata dal colore rosso, viene “interrotto”, perdendo così la priorità e, con essa, il turno: questa semplice meccanica infonde un senso d’urgenza ad ogni combattimento, stuzzicando la capacità di pianificazione del giocatore che, con un’adeguata condotta, può vincere senza mai concedere l’iniziativa agli avversari.Nel contempo, il giocatore meno attento incontrerà non poche difficoltà, con scontri che si protrarranno per diversi minuti, soprattutto in occasione delle boss fight.A tal proposito, Igniculus, controllabile su Vita con lo stick analogico destro e il dorsale sinistro, si rivela fondamentale in battaglia, potendo accecare e rallentare i nemici, così da consentire al giocatore di alterare il normale svolgimento del combattimento e poter attaccare numerose volte di seguito.Fatti salvi alcuni puzzle alquanto elementari, in cui è richiesto poco più che spostare una cassa o giocare con le ombre, il gameplay di Child of Light è tutto qui, che vi piaccia o no: semplicità e godibilità vanno a braccetto, tanto che spesso vi ritroverete ad ingaggiare nemici che avreste potuto evitare per il puro gusto di cimentarvi ancora una volta con il combat system.Se non è un testamento alla bontà di certe dinamiche questo…

Ottava arteSe il cinema è la settima arte, giochi come Child of Light spingono i videogiochi al ruolo di ottava: come già su console casalinghe, il titolo Ubisoft è bellezza in movimento, arte pittorica al servizio di un medium che, anno dopo anno, sta imparando ad apprezzare direzioni artistiche lontane dalla corsa al fotorealismo.La transizione sulla piccola di casa Sony è indolore, se è vero che la potenza artistica del prodotto colpisce sin dal primo avvio, valorizzata dal mai troppo lodato schermo OLED di Playstation Vita: gli unici inciampi vanno registrati a livello di caricamenti, sensibilmente più estesi rispetto alle versioni da salotto, e nella mancanza contemporanea di opzioni cross buy e cross save, comunque nulla che abbia direttamente a che vedere con la resa dello straordinario comparto grafico.

L’arcobaleno di acquerelli che si materializzerà a schermo renderà più brillanti le file alla posta, un viaggio particolarmente lungo, un pomeriggio in spiaggia senza sole. E non dimenticate le cuffie: vi perdereste una colonna sonora incantevole, che compensa in soavità e leggiadria la non eccessiva quantità di motivi.La durata, poi, non eccezionale in sé, è a mio avviso saggiamente dosata: la mancanza di svolte clamorose tanto a livello di gameplay quanto a livello narrativo, avrebbe appesantito il titolo se questo si fosse protratto oltre le dieci – undici ore necessarie a vederne l’epilogo.A conti fatti, l’unica categoria di giocatori cui Child of Light è sconsigliato è quella di coloro che lo hanno già sviscerato in una delle sue precedenti incarnazioni, e che non sono interessati a rifarlo con il vantaggio della portabilità. Tutti gli altri non hanno scuse.

– Arte in movimento

– Sistema di combattimento assai godibile

– Transizione indolore su PSVita…

– Durata perfetta per una console portatile

– …a parte caricamenti un po’ troppo estesi

– Né cross buy né cross save con PS3 e PS4

8.5

Child of Light rappresenta un traguardo artistico prima ancora che ludico, e va ad affiancare Muramasa Rebirth e le due avventura di Rayman (non a caso mosse dallo stesso UbiArt Framework) in cima alle produzioni visivamente più emozionanti dell’intero catalogo Playstation Vita.

Non che da giocare sia da meno: le dinamiche ruolistiche, invero non troppo profonde, aggiungono sufficiente spessore al viaggio di Aurora, tenendo il giocatore incollato allo schermo quel tanto che basta per goderne a pieno.

Lo dovete al bambino dentro di voi.

Voto Recensione di Child of Light - Recensione


8.5