Recensione

Castlevania: Curse Of Darkness

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a cura di Makinit

Nel lontano 1987 uscì sulla piattaforma Nintendo un gioco che traeva ispirazione dalle atmosfere vampiresche del famigerato Dracula della Romania. Tale prodotto sfruttava la scia di successo dei vecchi film dell’orrore, e non ci volle molto tempo prima che le sue atmosfere gotiche e la sua giocabilità tanto semplice quanto immediata conquistassero i giocatori di tutto il mondo, conferendo all’intera serie il meritato titolo di platform gotico definitivo.

Quando c’era Symphony of the nightEsattamente 10 anni dopo, nel 1997, uscì l’indimenticabile Castlevania Symphony of the Night, che fece gridare al miracolo sia i critici che l’utenza, grazie alla giocabilità, che fondeva per la prima volta l’azione di un platform 2D con elementi da GDR, come l’avanzamento di livello e la crescita del personaggio, e l’atmosfera data da una colonna sonora incredibilmente ben fatta e da un design dei livelli a dir poco azzeccato. Col passare del tempo è diventato il gioco “simbolo” della serie, e il nuovo standard dei platform 2D. Ad esso, seguirono molti giochi usciti su più piattaforme, come i titoli per GameBoy Advance, e l’ultimo nato su PlayStation 2, Lament of Innocence (LOI d’ora in avanti). Fra alti (GBA) e bassi (PS2) la serie ha quindi superato quasi un altro decennio, e ora è pronta a tornare su PS2, arrivando anche su X-Box per la prima volta.

Hector e i suoi diavoliRispetto al suo diretto predecessore, LOI, molto è cambiato, e non in meglio. La prima cosa che si nota è la nuova posizione della telecamera, che si offre ora interamente al controllo manuale del giocatore, costringendo però, nelle fasi più concitate del gioco, a pensare più alla sua gestione che allo scontro con i nemici. Altra differenza che noterete nel proseguimento del gioco, è la mancanza di reali sezioni di platform: non saranno quasi più necessari quei precisi salti che da sempre contraddistinguevano gli episodi precedenti, e ai giocatori saranno proposti scenari molto più lineari. Con l’assenza di reali scenari “platformici”, l’unica destrezza e abilità che viene richiesta al giocatore consiste nelle battaglie, che danno punti esperienza (EXP) necessari allo sviluppo delle abilità e i parametri. Nonostante non siate costretti tecnicamente ad affrontare tutti i combattimenti, come in ogni GDR che si rispetti, la mancata aquisizione di EXP vi renderà le battaglie successive molto più difficili. Ciò che non convince però è la dinamica di queste battaglie, che si riduce principalmente ad una serie di affondi gettati lì a caso, e, nonostante l’innumerevole quantità di armi e armature, potrebbe non passare molto tempo prima che decidiate che l’equipaggiamento che indossate in quel momento debba essere forzatamente adatto a tutte le situazioni, magari per evitare la seccatura di dover cambiare spesso gli oggetti in base all’elemento del nemico. A donare varietà ad una struttura di gioco altrimenti monotona e datata, ci pensa l’originale sistema dei Diavoli Innocenti (DI), che vi seguiranno nel corso del gioco offrendovi supporti di varia natura, dalla cura automatica alla protezione fisica. Voi, a vostra volta, dovrete però prendervi cura di loro, ristorandoli all’occorrenza e facendoli evolvere mediante cristalli lasciati dai nemici in base all’arma che state usando; se ad esempio volete far evolvere la vostra fata in un certo tipo di fata, dovrete sconfiggere i nemici con un’arma di tipo “ascia” e raccogliere i suddetti cristalli, se volete invece far evolvere la fata in una ape, dovrete utilizzare un altro tipo di arma, ad esempio la “lancia”. Questo sistema, per quanto originale, causa spesso irritazione in quanto vi “costringe” ad usare un tipo di arma che potrebbe essere non adatto a quella situazione, ma necessario per far evolvere le vostre creature nella maniera desiderata.

Action ossessionato dai GdRGli elementi da GDR ci sono tutti, HP, MP e tutti gli altri parametri. Vengono persino segnati in tempo reale i punti ferita subiti e inferti ai nemici, e il bestiario contenente tutti i dati sui nemici sconfitti. Durante l’esplorazione potete anche ottenere alcuni “minerali” che vi permettono di creare altri oggetti ed equipaggiamenti, altra caratteristica vagamente somigliante a quella già presente in Dark Chronicle, o nel più classico GDR, Final Fantasy X. Nonostante la presenza dei suddetti MP, tecnicamente voi non potete usare magie di alcun tipo, ma potete solo ordinare ai DI di eseguirle per voi: ogni qual volta ordinate ad un DI di eseguire un incantesimo, la barra degli MP scende; in compenso essa scende anche quando i DI subiscono danni da parte dei nemici, anche per questo gli MP possono essere considerati come gli HP dei vostri diavoli. Tutta questa esasperazione degli elementi da GDR non era assolutamente necessaria, se a fargli da corollario non vi è una realizzazione tecnica ed una giocabilità almeno nella norma; si tratta di “roba” già vista e di certo non originale, eccezione fatta per il diverso utilizzo degli MP.

TecnicamenteLa realizzazione tecnica non fa certo gridare al miracolo, con la sua grafica ormai datata e le sue animazioni blocchettose, tanto che sembra di giocare più ad un titolo di lancio che ad un gioco del 2004. Da segnalare anche il terribile design dei livelli, che di certo non fa onore alle serie; ogni area si presenta costellata di corridoi e zone tutte uguali fra di loro che, nella maggior parte dei casi, si distinguono solo dalla presenza di nemici diversi. Con dei livelli così uguali a se stessi è molto facile perdere l’orientamento, e dovrete quindi ricorrere molto spesso alla mappa, comunque ben fatta. In una situazione come questa, sperate solo di uscire prima dai livelli, e completarli il più presto possibile, ma non potrete perché Hector corre lento come una lumaca, e a poco serviranno le capriole e i salti che vi daranno solo l’illusione di essere veloci, e presto capirete che farete meno fatica semplicemente camminando. L’unica cosa che potrebbe trattenervi, o farvi sopportare, gli stage proposti, sono le musiche di sottofondo che, nonostante siano inferiori agli standard della serie, offrono dei motivi a tratti suggestivi.Il design dei personaggi è anch’esso un clamoroso buco nell’acqua, offrendo un protagonista a dir poco anonimo, e dei comprimari persino peggio (eccezione fatta per Trevor Belmont); non spiccano per originalità nemmeno i nemici e i boss, che appaiono buffi o senza senso, più che minacciosi.

LongevitàL’avventura è obbiettivamente lunga, e saranno necessarie almeno una quindicina di ore per arrivare a vedere il finale. Il fattore di rigiocabilità è anch’esso molto alto, grazie ai segreti che sono disseminati nelle mappe, al personaggio segreto, e al livello di difficoltà aggiuntivo.

– I diavoli innocenti sono utili e necessari

– Colonna sonora come sempre ad alti livelli

– Tanti segreti

– Design dei livelli non ispirato

– Combattimenti mal concepiti

– Protagonista poco carismatico

– Non è l’erede di Symphony of the Night

6.5

Giocabilità non eccelsa, grafica datata, design dei livelli e personaggi da serie B, e meccanismo frustrante, rendono questo gioco improponibile ai casual gamers. Solo i fan della saga possono trovare qualche incentivo, rimanendo comunque molto delusi e insoddisfatti. Questo episodio è sicuramente un affronto all’intera saga, che, nonostante abbia superato sia fasti che nefasti, non è mai scesa qualitativamente così in basso. C’è da sperare che con questo gioco sia finito il periodo nero per Igarashi, iniziato con Nano Breaker, e che ci dia finalmente il Castlevania che tutti aspettiamo, dai tempi di Symphony of the Night.

Voto Recensione di Castlevania: Curse Of Darkness - Recensione


6.5