Anteprima

Call of Duty: Infinite Warfare

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a cura di Matteo Bussani

Quando si parla di Call of Duty è inevitabile considerare la modalità multiplayer come la base su cui poggiano tutte le speranze del gioco; purtroppo, durante le varie fiere estive non ci era stata ancora data la possibilità vi vedere qualcosa di relativo a questa modalità, grande regina del titolo, lasciata infine come ciliegina sulla torta di un COD XP che si preannunciava davvero ricco di novità. Il COD XP per chi non lo sapesse è il seguito di un evento svoltosi nel 2011, in occasione della presentazione di Modern Warfare 3 che cerca di racchiudere in un unico grande evento celebrativo la Call of Duty World League, la prima presentazione hands-on del multiplayer di Infinite Warfare e poi tanto ancora. Quest’anno infatti accanto all’epifania del multiplayer che catalizzerà la scena della prossima stagione della World League, abbiamo trovato anche la modalità multiplayer di Call of Duty: Modern Warfare Remastered e Zombies in Spaceland. In poche parole, una full-immersion totale nel mondo di Call of Duty in attesa dell’arrivo il 4 novembre della nuova stagione dell’FPS targato Activision. Per la presentazione ufficiale abbiamo ascoltato Dave Stohl poi seguito da Joe Cecot, rispettivamente l’uno a capo dello studio di sviluppo e l’altro dei designers, pronti ad illustrarci ciò che di lì a pochi minuti saremmo andati a toccare con mano. Cerchiamo però di capire in pratica quali sono le novità che Infinity Ward vuole portare con la nuova modalità competitiva di Infinite Warfare.
Rigs, Payloads e Traits
Tutto ha inizio con il solito reveal trailer tanta azione, la solita musichetta travolgente, ma soprattutto tanti aspetti che paiono, come al solito, novità assolute per la serie. Durante l’articolo li analizzeremo uno per uno, ma per il momento possiamo riassumerli in: nuove classi con caratteristiche differenti pronte a dare spazio a ogni tipo di giocatore, anche quelli alle prime armi. A dare una generale spiegazione di questa affermazione compaiono a schermo i seguenti elementi: Rigs, Payload e Traits. Per Rigs intendiamo quella struttura esterna che va a comporre l’armatura e l’esoscheletro del personaggio, per Payload si intendono delle armi o delle abilità particolari, per Traits invece delle abilità caratteristiche passive o comunque automaticamente riattivabili. In pratica combinando questi tre elementi, parafrasabili in classi, consumabili e perks passivi, si potrà ottenere il setup più affine al nostro stile di gioco. Una volta poi create più combinazioni, queste si potranno salvare così da poterle cambiare senza sosta durante la partita. Questo aspetto, per altro molto vicino alle Exo Suites che ci hanno accompagnato da Advanced Warfare, ci ha fatto capire come anche per Call of Duty il futuro del competitivo sia sempre più vicino alla strutturazione dei personaggi di un team in classi diverse fra di loro, e non più in personaggi tutti ugualmente personalizzabili. Scegliere un combat rig piuttosto che un altro non ci permetterà infatti di accedere a tutti i tipi di payloads o traits, ma soltanto a quelli dedicati a quella particolare categoria, garantendo sì un’ampia libertà di manovra, ma comunque limitata rispetto al passato. Ricordiamo poi che tutta questa gestione delle classi è abbinata alla solita struttura dell’equipaggiamento e delle killstreaks. Le Rigs disponibili in totale sono sei, ciascuna con una particolare propensione a essere giocata con un determinato set di armi e a un range predefinito.
Una carrellata di Rigs
La prima e quella più simile al soldato classico di Call of Duty è il Warfighter: è una classe totalmente votata all’attacco ed è il massimo per il combattimento 1vs1 a media distanza. Merc è invece il tank di supporto, più resistente e perfetto per fornire fuoco di copertura contro i vari nemici. FTL è una classe rapida e adatta al combattimento ravvicinato, tutte le abilità gli permettono di coprire brevi distanze in poco più di un attimo, riuscendo a cogliere di sorpresa ogni nemico. Lo Striker è invece quello dotato di tutta la strumentazione tattica e riesce quindi a fornire supporto di questo tipo a ciascun compagno. Phantom, come dice anche il nome, è invece la rig per quelli che amano essere come fantasmi e sparire nell’ombra per poi colpire in maniera letale anche da considerevoli distanze. Synaptic, l’ultima, è rappresentata da un robot da combattimento molto veloce che punta tutto sul combattimento ravvicinato o melee o con armi a cortissimo raggio. La cosa che si è notata durante l’hands-on è che le differenze, evidenti dal lato estetico non lo sono altrettanto nel gameplay; soprattutto paragonando il titolo a un altro di enorme successo sufficientemente contemporaneo, Overwatch. Che lo si apprezzi o no, è inevitabile convenire che il titolo Blizzard abbia 22 personaggi (per il momento)di cui ognuno completamente diverso dall’altro. Qui invece ci ritroviamo con lo stesso gameplay di base, armi uguali, armamentario letale e tattico identico con differenze riscontrabili solo per quanto riguarda le abilità aggiuntive, che di certo personalizzano l’esperienza, ma purtroppo non riescono a renderla unica. Durante le partite effettuate, infatti, si può stimare un buon 90% il tempo dedicato a sfruttare il proprio armamentario e solo il 10% quello per godere dei payloads e dei traits scelti. Non neghiamo che l’esperienza fatta possa essere legata alla durata della prova e all’inesperienza di fronte a queste novità, però dobbiamo anche ammettere che le potenzialità lette nel trailer di aver qualcosa di davvero rivoluzionario non si sono fin qui viste.
Un arsenale craftabile
Finito il discorso sulle rigs, passiamo a quello sulle armi. Tutte appartengono a un’ambientazione futuristica che cerca disperatamente di rimanere in contatto con il presente. Il design delle bocche da fuoco, per quanto completamente rivisitato, non si discosta più di tanto dai concept alla base di quelle attuali, confermando una volontà indubbia di mantenere un forte legame con il presente. Questo aspetto estetico è stato mantenuto anche dal punto di vista del feeling che ciascun ferro è in grado di esprimere, sia quelli dotati di proiettili, sia quelli energy-based. 
Questi ultimi hanno una diversa gestione della meccanica della ricarica, infatti, aggiungono la possibilità tattica di poter attendere giusto un attimo in più per vedere il proprio contatore virtuale delle munizioni andare a riempirsi, per poi continuare a sparare, senza effettuare alcun tipo di ricarica manuale, comunque possibile. Quello che possiamo confermare è che a parte questo, usare un fucile a proiettili o uno energetico risulta molto simile, riuscendo a garantire la stessa bontà del feeling pad alla mano. Che sì, non si discosta molto dagli altri titoli targati COD, ma indubbiamente continua a convincere e a piacere.
Quest’anno poi per la prima volta nella serie, si andrà ad aggiungere un ulteriore elemento di personalizzazione comune nel mondo dei GDR, ma inedito in questo genere di sparatutto: stiamo parlando del crafting. Attraverso una valuta in-game dal nome salvage, potremo arricchire il nostro arsenale, creando delle armi davvero insolite, non solamente con particolari bonus in-game, ma anche con skin dalle trame fin troppo eccentriche. Tra queste ce ne sono alcune definite ELITE, che stravolgono completamente il loro modo di funzionare, e che hanno funzionalità aggiuntive davvero efficaci.
Tante mappe per tutti i gusti
Finiamo il discorso con le mappe, queste come al solito sono strutturate in un numero variabile di lanes, tutte diverse fra loro. L’importante in tutti i Call of Duty è garantire sempre spazio per ogni tipo di giocatore nel bilanciamento generale del gioco, con il cecchino supportato logisticamente da due o tre postazioni tattiche in cui ruotare, e gli altri che in un modo o nell’altro possono affrontare il combattimento a distanza media, o soprendere il nemico parandosi dinnanzi a lui da un momento all’altro sfruttando passaggi alternativi, magari ricorrendo al wall-running. Nella sessione siamo riusciti a provare in sequenza Breakout, Frontier e Frost.
Breakout è una mappa di medie dimensioni, con un ritmo degli incontri non troppo veloce, dove le classi bilanciate riescono ad avere facilmente la meglio sulle altre, soprattutto nella lane centrale. Per chi ama gli scontri ravvicinati c’è sempre stata comunque la possibilità di arrivare a scontri più diretti, per cui anche anche quell’approccio ci è sembra funzionale.
Frontier invece è una mappa circolare, dotata di due lane, il phantom in questo caso è la classe che ci sentiamo di sconsigliare, dato che anche sulla lane più slow-paced è preferibile un atteggiamento intermedio. In questa situazione non abbiamo potuto fare a meno di apprezzare la rapidità del FTL e del Synaptic davvero eccezionali se abbinati a un fucile a pompa o un SMG.
Infine Frost, la mappa più ampia tra quelle che abbiamo potuto provare. E’ una mappa dove i molteplici passaggi per collegare le varie lanes rendono necessario perfezionare il gioco di squadra, al punto da farci prediligere l’utilizzo di una rig di supporto come lo stryker o il Merc, potendo offrire così le giuste coperture sia offensive, come le torrette, sia difensive, come gli scudi portatili. In Frost abbiamo potuto giocare a una delle due nuove modalità di gioco, stiamo parlando di Defender: una specie di gioco con la palla, simile a quello classico per il possesso per la scuola calcio, dove l’obiettivo è tenere il pallone il più possibile cercando di non perderlo anche passandoselo fra i membri della squadra. La modalità in questione ci ha divertito molto e andrà ad aggiungersi alle altre 16 che compongono il pacchetto totale, formato da 15 classiche e due inedite. 
Dopo il faticoso lavoro compiuto a favore della campagna single player, per inserire sezioni zero-g con spostamenti degli assi di gioco davvero credibili, frutto di una collaborazione diretta con la Nasa, lascia l’amaro in bocca non vederle replicate anche nel multiplayer. In una delle tre mappe infatti una volta ucciso un nemico, questo iniziava a fluttuare per aria, sintomo di una mancanza di gravità, che però non colpiva in alcun modo le rigs, i cui movimenti sono rimasti sempre completamente immuni da questa mancanza.
Ultima postilla finale del discorso la vanno a ricoprire le mission teams, che costituiranno, a seconda della fazione scelta, una serie di obiettivi paralleli a quelli dei vari match, che una volta completati, sbloccheranno alcuni oggetti da equipaggiamento e l’arma leggendaria di quella fazione.

– Un sacco di contenuti

– Rigs, Payloads e Traits hanno un buon potenziale nel metagame

– Crafting di armi

Call of Duty Infinite Warfare ha messo tanta ma davvero tanta carne al fuoco nella sua modalità competitiva, volendo offrire qualcosa di più oltre ai piccoli e soliti miglioramenti o perfezionamenti del gameplay. Non neghiamo che le evoluzioni del gameplay saranno molto più apprezzabili nel medio periodo, una volta volta compreso come sfruttare al meglio Payloads e Traits, le vere innovazioni di quest’anno. Per quanto riguarda le armi, troviamo la grande aggiunta del crafting, che sembra promettere bene soprattutto se riuscirà a fornire bocche da fuoco diverse ma al contempo ben bilanciate con il resto delle abilità e dei potenziamenti. Un po’ di stupore nel non vedere ancora nessuna mappa con zone in zero-g, come ci auspicava dopo la prova del single player, che ha visto proprio in questa feature uno dei suoi punti di forza. Nonostante tutto comunque si ha ancora una volta la netta sensazione di essere di fronte a un Call of Duty, con il feeling delle armi tipico della serie, sempre e indubbiamente riconoscibile anche in quest’ultima iterazione.

Rimandiamo ogni giudizio più approfondito al titolo in sede di recensione, ricordandone l’uscita fissata per il 4 novembre. Rimanete sulle nostre pagine per avere novità sul titolo.