Recensione

Blackguards

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a cura di Pregianza

Dopo anni di onorata militanza nell’esercito degli sviluppatori specializzati, cambiare genere di punto in bianco non è propriamente una passeggiata in un campo fiorito. Se persino case enormi come Valve, Bungie e Bioware raramente osano allargarsi al di là dei confini da loro stessi tracciati, figuriamoci cosa deve voler dire una tale sfida per una software house relativamente minuta. Daedalic è cresciuta esponenzialmente a forza di avventure grafiche, e quindi ora c’è molta fiducia nei confronti di questo arguto gruppo di programmatori teutonici, ma è anche vero che il suo primo esperimento “alternativo” li ha portati in uno dei generi più complessi e difficili da padroneggiare in assoluto, quello dei giochi di ruolo.
Blackguards, questo il nome del loro ultimo progetto, non è peraltro nemmeno un gdr di quelli all’acqua di rose. Anzi, si tratta di un videogame molto elaborato, che poggia sulla nota licenza The Dark Eye e potrebbe rappresentare un passo importantissimo nell’aumento di notorietà del team.  Dopo averlo testato direttamente ad Amburgo, e aver finalmente messo le mani sul codice completo del titolo, siamo pronti a recensirlo. Sarà l’ennesima dimostrazione di talento oppure stavolta i Daedalic hanno osato troppo?
Un gruppo di avventurieri insolito
Coma nella maggior parte delle produzioni della casa tedesca, anche in Blackguards la trama ha un’importanza fondamentale. Il vostro alter ego si troverà invischiato nell’omicidio della giovane principessa Eleanor, avvenuto all’apparenza ad opera di un lupo inferocito durante una nottata piovosa. Accusato del crimine, il protagonista sarà imprigionato, torturato dal suo vecchio amico Lysander, e coinvolto in una serie di vicende che potrebbero decidere il destino del mondo intero. 
Come premessa potrà sembrare simile ai canoni dei titoli con ambientazione fantasy-dark, ma in realtà con Blackguards gli sceneggiatori hanno compiuto una scelta coraggiosa, dando al giocatore il controllo di un gruppo di… cattivi. Avete capito bene, qui non ci sono paladini senza macchia e senza paura, solo un insieme di mariuoli raccattati qua e là. Viaggerete con individui socialmente pericolosi per scoprire cosa vi è accaduto quella fatidica sera, e nel frattempo verrete coinvolti nei loro problemi. Ce n’è per tutti i gusti, da un mago ossessionato dalle donne a un nano piromane con problemi di controllo dell’ira, e l’ottima caratterizzazione del cast riuscirà a convincere anche chi di solito ama vestire i panni dell’eroe puro e coraggioso. 
Un altro elemento che ci ha colpito della narrativa, al di là degli ottimi personaggi, è la varietà di scelte offerte dalla campagna principale. Le vicende sono estremamente ramificate, e anche azioni apparentemente insignificanti, come parlare con un mendicante del suo maiale o fingere di apprezzare la battuta di un nano, possono portare alla comparsa di quest utili o al completamento di eventi inaspettati. 
La trama, insomma, risulta interessante per tutta la durata dell’avventura, e svolge egregiamente il suo compito. L’unica critica sta nel fatto che, forse, i Daedalic potevano spingersi un po’ più in là con l’idea di inserire il giocatore in una squadra di malvagi, poiché ora della fine i comprimari di Blackguards danno l’impressione di essere più dei simpatici birbanti che dei criminali (anche quando si indaga a fondo nel loro oscuro passato risulta difficile non farseli piacere), e bene o male la quest primaria mantiene quasi costantemente un tono “eroico”.
Battaglie dure, se non hai le cure
Dialoghi, tradimenti, colpi di scena e personaggi inconsueti non sono che una parte dell’opera Daedalic. Il gioco si basa infatti su di un complesso sistema di combattimento a turni, ove la tattica è regina e avanzare a casaccio rappresenta un suicidio.
Mettiamo subito le carte in tavola: Blackguards NON è un gdr per neofiti. I Daedalic non sembrano aver nemmeno preso in considerazione i principianti del genere quando hanno congegnato gli scontri, e vi troverete continuamente di fronte a situazioni che richiedono cervello e pazienza per essere superate. La radice di tutto è un sistema con griglia ad esagoni, dove i comandi di movimento possono venir impartiti con grande precisione e le abilità si attivano tramite una comoda interfaccia circolare richiamabile all’istante. L’accuratezza degli spostamenti è indispensabile, poiché la varietà è data dalla diversificazione delle mappe, oltre 200 arene dove si trova di tutto: terreni scivolosi, trappole nascoste o attivabili, gemme che curano i nemici ad area da distruggere, casse da buttare a terra per creare barriere improvvisate, e un ammasso di altre sorprese. La scelta di concentrarsi sulla varietà delle locazioni è risultata abbastanza vincente, e Blackguards non manca di regalare grosse soddisfazioni quando il giocatore riesce a superare certi scontri particolarmente disumani o a fregare il nemico attirandolo in qualche pericoloso marchingegno. Non mancano tuttavia i difetti, principalmente legati alla lentezza del sistema e al calcolo non proprio impeccabile della difficoltà.
Il combat system è infatti fin troppo misurato, cosa che, alla centesima battaglia, può risultare alquanto tediosa, indipendentemente dal numero di arene. Il problema è accentuato da alcuni picchi del livello di sfida, difficili da superare anche per un giocatore veterano, che si incontrano durante la campagna. Certi combattimenti vi brutalizzeranno senza pietà, dandovi l’impressione di non essere abbastanza preparati per poterli affrontare e costringendovi a ripeterli più e più volte in attesa di una partita fortunata. Già, perché sono le probabilità a decidere chi viene colpito e come, e può capitare spesso di fallire attacchi a raffica anche con percentuali ben superiori al 70%. 
Non pensiate male, il gioco non è tutto così. Si parla di una manciata di situazioni fastidiose, e di solito se ci si trova davanti a una battaglia incredibilmente difficoltosa significa che non ci si è facilitati la vita con qualche utile opzione di dialogo prima dell’evento infausto. Fatto sta che la gestione dei colpi e di certi incontri inevitabili poteva venir affrontata meglio, specie considerando che abbassare la difficoltà a easy non fa altro che alzare leggermente le varie probabilità.
L’antieroe perfetto
Lo sviluppo dei protagonisti è prevedibilmente altrettanto approfondito, e presenta una pletora di statistiche da migliorare. Che si tratti di statistiche base, abilità con armi specifiche, mosse speciali o incantesimi, gli amanti della personalizzazione avranno di che gioire con Blackguards. Noi abbiamo in particolare apprezzato le specializzazioni legate alle armi, addirittura modificabili per favorire un approccio difensivo o offensivo in battaglia, e la necessità di apprendere nuove magie e capacità da trainer sparsi per il mondo di gioco. Si guadagnano molti punti esperienza in questo titolo, ma non avrete problemi a spenderli. 
Per carità, la lentezza del gameplay influisce anche parzialmente sull’avanzamento del proprio gruppo di antieroi, e la progressione tende a essere tardiva, portando soprattutto le prime ore a essere noiosette. Ora del terzo capitolo comunque si iniziano ad avere a disposizione magie e mosse poderose, e il sistema resta uno dei più lodevoli che ci sia capitato di vedere in un gioco del genere, dunque ci riesce difficile fargliene una colpa. Pensate poi che recentemente è persino stata aggiunta la possibilità di partire con una classe totalmente personalizzata invece degli archetipi iniziali, e che è sensato aspettarsi altri miglioramenti simili tramite patch in futuro.
Meno da applausi la varietà complessiva delle attività. L’avventura delle guardie nere è ricchissima di scelte, l’abbiamo già detto, ma non tanto di cose da fare, e gran parte del suo brio deriva esclusivamente dal combattimento. Ci sono alcune varianti curiose, come sfide a enigmi e altre chicche che evitiamo di spoilerarvi, ma sono poche e spezzano solo relativamente la monotonia.
Tecnicamente, inoltre, non siamo davanti a un capolavoro. I Daedalic hanno messo in piedi un mondo ricco di npc e momenti notevoli, ma il motore da loro utilizzato non valorizza più di tanto né l’art direction né la brillante narrazione. I modelli 3D sono poco dettagliati e animati in modo legnoso, le arene sono originali ma non colpiscono per la loro bellezza, e le città sono rappresentate da una serie di schermate fisse con icone che indicano dialoghi e venditori vari. Qualche bug visivo e un’ottimizzazione non superlativa completano il pacchetto. Impossibile, al contrario, non lodare la longevità del gioco, che offre cinque capitoli enormi capaci di impegnare il giocatore per oltre 30, se non addirittura 40, ore se si completano tutte le quest secondarie. Non fatevi ingannare dai capitoli iniziali più o meno lineari, presto ci si trova davanti a mappe enormi da esplorare e a innumerevoli missioni alternative. 

– Combat system tattico e ragionato

– Sviluppo dei personaggi complesso e profondo

– Narrativa ramificata pregevole

– Longevità elevatissima

– Qualche picco di difficoltà mal calcolato e alcuni problemi con le percentuali

– Tecnicamente mediocre

– Gameplay molto lento che può venire a noia alla lunga

7.5

La prima volta di Daedalic nel mondo dei gdr è di quelle da ricordare. Blackguards non è un gioco impeccabile: ha un gameplay lento che dopo ore e ore può annoiare, tecnicamente non è gran che e presenta qualche fastidioso problema di bilanciamento della difficoltà. Eppure resta un ottimo gioco di ruolo, pensato per i giocatori veterani e tra i più complessi e profondi dell’ultimo quinquennio. Lo consigliamo a tutti gli amanti del genere, che non verranno scoraggiati dalla flemma della campagna e dall’elevato livello di sfida di alcune fasi.

Voto Recensione di Blackguards - Recensione


7.5