Recensione

Beat Down: Fists of Vengeance

Avatar

a cura di Fabfab

Dato ormai come morto, il genere dei picchiaduro a scorrimento si appresta invece a tornare in massa sulle nostre console, tra l’altro con alle spalle nomi importanti come la qui presente Capcom. Che fare per rendere attuale un prodotto apparentemente obsoleto e renderlo interessante per gli odierni acquirenti? Beh, che ne dite di una discreta libertà di movimento, stili di lotta differenti per ogni personaggio, possibilità di imparare infinite combo, la possibilità di arruolare seguaci e interrogare le persone per raccogliere le informazioni indispensabili a proseguire? Non male, vero? Peccato che tra il dire e il fare ci sia di mezzo (come noto) il mare…

5 tipi violentiBeat Down: Fists of Vengeance vi mette nei panni di cinque personaggi cool e ultra-stereotipati, impegnati a salvarsi la pellaccia a suon di cazzotti: abbiamo il classico eroe, il fighetto tatuato, il gigante nero, la bionda letale e l’ispano-americana. Ogni personaggio è caratterizzato da un proprio stile di lotta che spazia dalla capoeira alle arti marziali all’immancabile wrestling.I cinque appartengono a bande differenti, ma hanno la sfortuna di trovarsi assieme nel momento sbagliato e nel posto sbagliato: bollati come traditori, dovranno farsi largo tra le strade della città di Las Sombras, infestate di malviventi e poliziotti, prima di riuscire a dimostrare la propria innocenza. Ogni personaggio gode naturalmente di una differente progressione degli eventi, anche se alla fine le cose da fare rimangono più o meno le stesse.Il gioco permette di dedicarsi a numerose missioni secondarie, che permettono di guadagnarsi soldi ed esperienza: come in un gdr, infatti, il personaggio impersonato dal giocatore può essere liberamente potenziato, aumentandone gli attributi e facendogli imparare nuove combo. Naturalmente tutte le varie side-quest sono opzionali e pur se il loro completamento è consigliato, in ogni momento il giocatore può abbandonarle per dedicarsi all’avventura principale.Non tutti i personaggi che si incontrano per strada sono necessariamente ostili: ci saranno venditori, fornitori di informazioni ed anche possibili seguaci, disposti a seguirci ed aiutarci.

Wanted: Dead (better) or AliveCome sopra accennato, dunque, una prima differenza rispetto ai picchiaduro a scorrimento tradizionali è rappresentata dal fatto che Las Sombras potrà essere esplorata in relativa libertà, senza dover per forza seguire un percorso prefissato che porta al boss finale. Purtroppo la nota positiva data da questa trovata viene quasi totalmente vanificata dal sistema, teoricamente geniale, di riconoscimento. Il discorso è semplice: il vostro personaggio è ricercato dalle gang rivali e dalla polizia, quindi non è molto consigliabile far vedere la propria faccia in giro. Per questo nel gioco è stata data la possibilità di cambiare il proprio aspetto (taglio di capelli, accessori) ed i propri abiti: diventate un’altra persona e potrete aggirarvi per la città in relativa tranquillità. Purtroppo la pacchia non dura a lungo, un apposito indicatore segnala la costante perdita di efficacia del camuffamento finché questa non avrà più effetto e sarete attaccati. Quindi al giocatore non resta altra scelta che perdere tempo e soldi in continui cambi di travestimento, oppure fregarsene ma trovarsi a combattere continuamente, vedendosi irrimediabilmente frustrate le proprie velleità esplorative.

The art of fightingCome detto ogni protagonista adotta un diverso stile di combattimento, alcuni veloci e deboli, altri lenti e devastanti, con opportune vie di mezzo. Le mosse a disposizione sono abbastanza varie e si spazia da calci e pugni a combo, prese e proiezioni; non manca nemmeno il tasto della parata, oltre alla possibilità di raccogliere ed utilizzare diversi tipi di oggetti, dalle sbarre di metallo alle pistole.Generalmente i combattimenti avvengono tra il nostro personaggio – insieme a eventuali alleati manovrati dalla cpu – ed orde di avversari: tuttavia periodicamente si incontrano boss da affrontare in solitaria, come in un normale picchiaduro. Inoltre è possibile attaccare anche i personaggi neutrali, per fare esperienza, rubare loro i soldi oppure “convincerli” a seguirci. Va detto che, a meno che non sia espressamente previsto dalla missione, l’interrogatorio non serve a nulla perchè non verremo mai messi al corrente di notizie realmente utili ed interessanti.Inoltre nonostante i diversi stili adottati dai protagonisti e un certo compiacimento dei programmatori per la violenza degli scontri – durante i quali il sangue scorre a profusione – ben presto diventa evidente come in realtà non si richieda nessuna tattica particolare al giocatore, al quale basta per lo più premere furiosamente i tasti per proseguire.

Bad boysGraficamente il titolo non brilla. I modelli dei personaggi appaiono sufficientemente curati e dettagliati, ma c’è il problema che risultano troppo pochi e la sensazione è di combattere sempre contro lo stesso personaggio con il look un po’ diverso (e spesso nemmeno questo, si vedano i poliziotti). La ambientazioni, poi, sono spoglie, poco varie ed assolutamente prive di inventiva, senza contare i brevi ma frequenti caricamenti quando si passa da un’area all’altra.Per quanto riguarda il sonoro, la soundtrack è del tutto anonima, la recitazione pessima mentre gli effetti sonori fanno il loro dovere, senza infamia e senza lode.

– Personaggi cool

– Molti opzioni per il look dei personaggi

– Grafica mediocre

– Giocabilità limitata

5.0

Capcom cerca di trovare la chiave per rinnovare i picchiaduro a scorrimento, passando attraverso personaggi più cool ed alla moda ed un paio di buone idee mal sfruttate: se a questi problemi aggiungiamo un comparto grafico deprimente e una giocabilità estremamente superficiale, non ci resta che constatare il fallimento dell’operazione e sperare che con il prossimo “Final Fight: Streetwise” Capcom sappia proporci di meglio.

Voto Recensione di Beat Down: Fists of Vengeance - Recensione


5