Anteprima

Battleborn

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a cura di Pregianza

I Borderlands saranno pur stati un successo planetario, ma come sviluppatori i Gearbox hanno ancora moltissimo da dimostrare. Parliamo pur sempre di una casa la cui storia è costellata da alti e bassi, e i cui “bassi” sono tristemente memorabili. 
Per far dimenticare queste cadute di stile, o perlomeno smorzare l’ira che hanno provocato tra i videogiocatori, la strada intrapresa è ancora una volta quella degli sparatutto. Attenzione però, non si parla del solito fps dalle vendite facili, ma di un titolo che va a inserirsi a modo suo nel filone degli shooter competitivi class-based che sembra volersi affiancare ai giocatissimi MOBA nei prossimi anni. La concorrenza è spietata, gli avversari preparatissimi, e la gestione di un gioco del genere è tutt’altro che facile. Sarà riuscita la casa texana a distinguersi dalla massa con il suo Battleborn?
Lo abbiamo provato per alcune ore durante un evento a Londra organizzato da 2K, e oggi vi diremo la nostra. L’anteprima si dividerà però in due parti, perché la prova prolungata ci ha permesso anche di testare modalità al di fuori del competitivo che potremo descrivervi solo più avanti. Oggi il centro della discussione sarà la modalità Incursion, quella più complessa e vicina ai MOBA dell’intero gioco.
Robot col monocolo, Luchador ed elfi spaziali
Non c’è voluto molto, durante la presentazione degli sviluppatori, per notare le similarità delle partite Incursion a quelle dei Dota-like. Si parla  alla fin fine di scontri 5 contro 5, con ondate continue di truppe da entrambe le parti, mappe simmetriche e vittorie che dipendono dalla distruzione di uno specifico obiettivo. I Gearbox però non si sono attenuti al copione tipico, inserendo numerose trovate abbastanza uniche nell’esperienza: in primo luogo la giungla è stata sostituita da postazioni piuttosto facili da trovare che ospitano creature neutrali. Distruggetele e diverranno vostri alleati nella corsa alla vittoria, accompagnando i robottini che escono dal quartier generale. Altra differenza sta nelle torrette, che non sono fisse ma vanno costruite dai giocatori in postazioni predefinite, con l’ausilio di frammenti sparsi per tutta la mappa. Infine, l’obiettivo da distruggere non è statico ma rappresentato da due grossi droni armati fino ai denti, i cui scudi energetici risultano essere un problema se non si riescono a far avanzare le proprie truppe a sufficienza. 
È insomma un bel rimaneggiamento delle basi dei MOBA, molto più accessibile ma non privo di complessità e strategia. Gli eroi sono molto diversificati, e ricoprono ruoli variabili e ben definiti, tutti estremamente significativi in battaglia. Inoltre è necessario trovare un equilibrio tra la raccolta spudorata di frammenti per potenziare le torrette, la distruzione dei minion nemici, e lo sviluppo del proprio personaggio a forza di scontri diretti con gli avversari umani. 
Il roster di eroi aiuta molto a immergersi nell’esperienza, perché anche se tra le sue fila ci sono stereotipi classici con poteri alquanto prevedibili, non mancano i combattenti sfiziosi e dotati di meccaniche uniche. Si va da soldati semplici con elevata potenza di fuoco a cecchini in grado di piazzare “bombe gufo” invisibili per la mappa e campi temporali, fino ad arrivare a tank melee puri che avanzano a forza di botte da orbi e parate improvvise. È una bella lista, ulteriormente ringalluzzita dallo sviluppo del proprio alter ego appena citato. Ogni guerriero infatti può crescere fino al decimo livello durante la partita, e di volta in volta sviluppare una sorta di build selezionando i poteri desiderati. Per farvi un esempio concreto, il nano Boldur può puntare tutto sulla difesa guadagnando armatura passiva, bonus alla rigenerazione e altre chicche da tank, o divenire una macchina da guerra in attacco potenziando a dismisura la sua ascia e gli effetti delle sue abilità attive. C’è pure un terzo ramo di specializzazione, ma questo va sbloccato pian piano aumentando di rank e completando obiettivi in ogni partita.
Durante le sfide pvp affrontate abbiamo apprezzato in particolare la presenza di un tempo massimo di 30 minuti, finito il quale vince la squadra che ha inflitto più danni ai droni avversari, e l’assenza di build legate agli oggetti, che permette ribaltamenti della situazione quando entrambe le squadre raggiungono gli alti livelli e impedisce il cosiddetto “snowballing” (fenomeno che vede un nemico potenziarsi troppo velocemente e arrivare quasi a poter vincere in solitaria la partita) se un personaggio riesce ad ottenere fin troppe kill. Certo, far crescere un avversario a velocità luce a inizio game è comunque un errore madornale, ma almeno non rende quasi impossibile vincere. 
Siamo rimasti meno estasiati invece dallo shooting in sé. Il sistema utilizzato è chiaramente quello di Borderlands, basato più sulle statistiche che sulla balistica, con hitbox estese e finezze limitate. I poteri dei personaggi permettono manovre spettacolari, specialmente quando si usano quelli più mobili, ma si nota una certa legnosità quando si usano guerrieri che puntano tutto sulla precisione dei colpi come Marquis. Immaginiamo sia comunque una scelta necessaria per impedire lo strapotere del cecchinaggio dalle lunghe distanze nei confronti dei tank, anche perché gli headshot sono colpi critici che fanno davvero male, e se fossero anche facili da piazzare non ci sarebbe storia. 
Gustosa persino la gestione delle torrette da costruire. Non ci si limita a mitragliatori e laser, e se si avanza con una certa costanza diventa possibile costruire le proprie macchine di morte anche in territorio avversario (un timer che appare dopo la distruzione di una struttura difensiva impedisce di farlo subito). Alcuni macchinari sono particolarmente utili per ottenere dei vantaggi importanti e velocizzano o rinforzano le proprie truppe, mentre altri possono garantire la superiorità in una zona curando i giocatori della propria squadra nelle vicinanze. Come detto, c’è della tattica in questo gioco, più di quanto previsto.
Ora resta solo da vedere nel dettaglio in quanto tempo si sbloccheranno gli eroi, visto che si parte solo con sette guerrieri disponibili e il resto viene ottenuto tra le altre modalità e il completamento di obiettivi. Va detto comunque che tra Incursione, le altre modalità competitive disponibili di cui abbiamo parlato in passato, e la modalità co-op di cui discuteremo in futuro, Battleborn sembra poggiare su una gran bella base contenutistica.

– Gameplay più tattico e variegato del previsto

– Incursion diverte e funziona

– tanti eroi, molto diversificati

Battleborn ci ha divertito parecchio con la sua modalità Incursion e, anche se la vicinanza ai MOBA è evidente, abbiamo apprezzato molto la volontà di Gearbox di donare una certa unicità all’esperienza inserendovi varie trovate uniche. Insomma, la componente pvp di questo sparatutto ci sembra funzionare benone nonostante qualche debolezza, ed è molto più accessibile del previsto.

Il potenziale per creare una community appassionata c’è. Voi quindi aspettate qualche giorno per la prossima preview, e scopriremo insieme le altre modalità disponibili al lancio.