Recensione

Asterisk War: Phoenix Festa

Avatar

a cura di Sir Drake

Namco Bandai ci riprova, puntando come sempre su una nuova IP totalmente mutuata dal mondo degli anime. 
Asterisk War: Phoenix Festa è, infatti, un titolo chiaramente ispirato all’omonima serie animata, tratta a sua volta dall’originale light novel di Yuu Miyazaki, poi trasposta anche in formato manga.
Il titolo PS Vita in questione, oltre ad attrarre per ovvi motivi i fan della serie, promette anche un’intrigante combinazione tra combattimenti action (in salsa nipponica) e una marcata componente dating sim, che ben si sposerebbe con le tematiche da blando harem ecchi che caratterizza la saga. Un mix che tuttavia risulta riuscito solo in parte, come vedremo nel corso di questa recensione.

Benvenuti alla Seidoukan Academy
La trama principale del gioco ricalca in modo pedissequo le vicende dell’anime da cui trae ispirazione. Queste hanno luogo nella città di Rikka (soprannominata Asterisk per la sua peculiare struttura urbana), e in particolare all’interno della Seidoukan Academy, rinomato liceo giapponese che accoglie tra le sue fila giovani “genestella”, nuova razza di super umani generatasi dopo il tragico impatto di un corpo celeste con la Terra. Questi portentosi ragazzi godono infatti di grandiosi poteri, tra i quali spiccano un’estrema resistenza ai danni fisici e la possibilità di far ricorso alla magia. Gli studenti sono quindi spinti a sfruttare queste loro potenzialità duellando tra loro, per scalare appositi ranking scolastici che permettono l’accesso a indubbi benefici. Inoltre, i migliori combattenti di ogni liceo di Asterisk possono scegliere di concorrere tra loro in appositi tornei denominati Festa. Durante il primo anno di corso, che è quello che fa da sfondo alle vicende delle prime due serie animate (a cui il gioco si ispira), ha luogo la cosiddetta Phoenix Festa, prestigioso torneo a squadre dove coppie provenienti da ogni scuola si contendono l’ambita vittoria finale.
Impersonando il nostro inappuntabile Ayato Amagiri, potremo rivivere tutti i momenti più celebri della saga, nonché percorrere nuove e non battute strade, mentre scegliendo di creare un nostro personaggio ad hoc, avremo la possibilità di affrontare le stesse avventure ma da una prospettiva tutta nuova.
In A.W.: Phoenix Festa troveremo ad attenderci tutti i personaggi più celebri della serie, che a dire il vero già di per sé non vanta un numero così folto di protagonisti. In particolare, ci troveremo spesso a interagire con le quattro giovincelle che costituiscono l’harem personale del nostro protagonista: l’ostinata e orgogliosa Julis, la prosperosa lolita Kirin, la matura e seducente Claudia, nonché l’imperscrutabile Saya.
Quello che salta fin da subito all’occhio, è come la varietà di colleghi e avversari non sia certo esaltante e a maggior ragione, visto il numero già in partenza limitato di personaggi della saga, risultano strane alcune assenze e la poca incisività delle aggiunte fatte dagli sviluppatori.
Come detto, l’impianto di gioco si basa su un connubio ibrido tra elementi action nipponici, con leggere influenze rpg, e una struttura da blando dating sim. Impersonando il protagonista dell’anime, l’impavido Ayato, potremo porre tutta la nostra attenzione sulle relazioni con le nostre quattro spasimanti (sfruttando il suo spiccato ascendente sulle stesse), trovandoci tra le mani un fuoriclasse fatto e finito, capace fin dall’inizio di avere la meglio in duello su qualsiasi avversario. Creando, invece, un nostro alter ego da far crescere man mano nelle sue caratteristiche, potremo godere di una componente ruolistica più marcata e di combattimenti sicuramente più intriganti, ma perderemo per strada la possibilità di approfondire adeguatamente i rapporti con le signorine di cui sopra. 
In ogni caso, la storia narrata non è nulla di trascendentale, con eventi spesso accennati solo per sommi capi, che rendono ancor più evidenti tutti i limiti di un racconto che spesso si mantiene vago anche in merito ad elementi essenziali della trama (difetto peraltro comune all’anime stesso). Inoltre, se già la serie animata non regalava troppi momenti “osé” con i quali trastullarci (da blandissimo ecchi qual era), il gioco riesce addirittura nell’arduo compito di superarsi, con una pudicizia che a volte sa quasi di autocensura.
“Prendi una donna, trattala male”
Una cosa è certa: le meccaniche da dating sim del titolo non aspirano minimamente a far concorrenza ai classici del genere (quali LovePlus et similia). Infatti, a parte la possibilità di fare modesti regali alle nostre partner preferite, e invitarle per fuggevoli incontri o veloci duelli (all’inizio venendo quasi inesorabilmente “rimbalzati”), non ci sarà concesso altro. Le pochissime scelte in fase di dialogo hanno risvolti per lo più ininfluenti, mentre portare avanti più “storie” parallelamente sarà un gioco da ragazzi, senza grandi rimorsi o punizioni di sorta. In particolare, l’affinità con le nostre protagoniste aumenterà a dismisura solo sconfiggendole ripetutamente in battaglia o, in seguito, facendo coppia con loro nella Phoenix Festa. 
A parte le evidenti ingenuità e semplificazioni, in larga parte dovute all’impianto ibrido del titolo, la vera nota dolente è il mancato approfondimento di situazioni e personaggi, che poco o nulla aggiungono rispetto a quanto visto nell’anime, che anzi risulta spesso fondamentale conoscere per comprendere a pieno gli eventi di gioco.
L’interesse a proseguire in relazioni fin troppo caste e platoniche, caratterizzate da una trama a dir poco superficiale, viene stimolato soltanto con la brama di sbloccare le poche immagini che compongono la scarna galleria fornitaci dal titolo. E infatti, superata la curiosità iniziale, portata a termine un paio di volte la modalità storia, la triste verità di un dating sim un po’ fine a se stesso e relegato a mero elemento di contorno si paleserà ai nostri occhi in tutta la sua evidenza.
L’effettivo fulcro del gioco è invero l’impianto action, caratterizzato da un gameplay simil picchiaduro alla giapponese (sull’onda dei vari One Piece: Pirate Warriors, Naruto Ultimate Ninja Storm, Saint Seiya Soldiers’ Souls, ecc…). Purtroppo, quanto detto per le fasi di dating vale ancor di più per quelle action, con un combat system ridotto all’osso, con solo due tasti azione per sferrare i nostri colpi e attacchi speciali realizzabili a ripetizione tramite la pressione di un paio di pulsanti. Nonostante ciò, i duelli risultano soprattutto all’inizio molto freschi e godibili, e la discreta varietà di armi a nostra disposizioni, le famose “Lux”, stimolano tutta una serie di prove e sperimentazioni capaci di intrattenerci quantomeno fino alla composizione della nostra build definitiva.
Inoltre, risulta discretamente riuscita anche la peculiare meccanica collegata ai badge scolastici, la cui rottura porta all’immediata sconfitta del portatore. Riuscire a colpire il nostro avversario col giusto tempismo per colpire la spilla che porta sul petto ci spingerà senz’altro a ricercare nuove e più efficaci tattiche, che spesso però finiranno col frustrare una intelligenza artificiale non certo allo stato dell’arte, come più volte avremo modo di testare soprattutto nei combattimenti di coppia, al fianco delle nostre un po’ distratte colleghe.
Nella modalità “Storia”, l’impianto di gioco action si intreccia poi con quello ruolistico. Potremo, infatti, gestire la crescita del nostro personaggio in ogni suo aspetto, a partire dalle caratteristiche fisiche, passando per la maestria nell’utilizzo di determinate tipologie di Lux o l’affinità con le nostre seducenti compagne di scuola. Tale feature, seppur lontana dalla completezza dei classici del genere, risulta a conti fatti uno degli elementi più riusciti del gioco, regalando un senso di progressione notevole e consentendoci di bilanciare le statistiche seguendo quelle che sono le nostre reali esigenze in combattimento. Tuttavia, scegliendo di iniziare la carriera impersonando il talentuoso Ayato, renderemo la gestione delle abilità a dir poco marginale, visto lo strapotere di cui il protagonista gode fin dall’inizio della storia. 
Un’altra critica va fatta alla ripetitività davvero eccessiva dell’incedere dell’avventura, che spesso renderà davvero frustrante la progressione tra un evento e l’altro. Infatti, la nostra rincorsa alla Phoenix Festa sarà spesso inframmezzata da appuntamenti o duelli (sia randomici, sia da noi volontariamente fissati tramite l’apposita agenda); tuttavia passeremo la maggior parte delle nostre giornate svolgendo innumerevoli sessioni di allenamento per migliorare le nostre statistiche, e alla millesima serie di flessioni del nostro protagonista, la voglia di percorrere più volte la carriera nella sua interezza per poter accedere a ogni possibile finale scema a dismisura.

Il vestito della Festa
Al di là delle attese, la veste grafica del gioco è tutt’altro che disprezzabile. Infatti, nonostante i menu molto spartani e un senso imperante di semplificazione e corsa al risparmio, quando più conta, ossia nelle scene di intermezzo e nei combattimenti, il titolo riesce a convincere con uno stile grafico molto piacevole e ben riuscito. In particolare durante i duelli, i modelli dei personaggi sono costituiti da un apprezzabile cel shading, che rende il tutto molto gradevole alla vista e permette di nascondere gli evidenti limiti tecnici del prodotto, non ultimo la povertà delle ambientazioni, spoglie fino all’inverosimile.
Apprezzabile anche il doppiaggio, che si attesta su ottimi livelli, sebbene il compito degli attori risulti molto facilitato dalla presenza di un numero davvero esiguo di linee di dialogo da “valorizzare” con le voci dei protagonisti. La colonna sonora, dal canto suo, fa il suo dovere senza mai riuscire a lasciare il segno.
La longevità del titolo è più che mai di difficile quantificazione, visto come gli sviluppatori facciano prepotentemente leva sulla voglia dell’utente di finire e rifinire l’avventura più e più volte, per sbloccare tutte le possibili trame amorose, o potenziare ad libitum il proprio personaggio (grazie al sistema di skill ereditabili, che permette una sorta di abbozzato NG+). Detto questo, in una manciata di ore sarete comunque in grado di completare il titolo le volte necessarie ad ottenere tutti gli agognati finali, soprattutto in virtù della facilità che permea l’intera avventura, e non vi rimarrà che continuare a giocare per testare nuove armi o stili di gioco, trascinandovi appresso tutta una serie di orpelli da visual novel, ormai null’altro che una noiosa zavorra di eventi visti e rivisti. 
A far da contorno alla modalità “Storia”, troveremo poi soltanto una classica modalità “Battaglia” dove poter affrontare la CPU (o un amico in modalità ad hoc) in veloci scontri in parte personalizzabili. Tuttavia, è proprio osservando il risicato numero di personaggi selezionabili che avremo il sentore della mancanza di contenuti che piaga non poco il titolo, e solo in parte riesce a colmare questo vuoto la possibilità di salvare i combattenti da noi creati nella “carriera” per utilizzarli in questa sorta di modalità versus. 
Resta perciò il rammarico per un gioco che tutto sommato riesce a divertire, con un impianto action fresco e immediato, ma che risulta fortemente ridimensionato da una quantità di contenuti non all’altezza.

– Stile grafico piacevole

– Combattimenti tutto sommato divertenti

– Discreto senso di progressione dei personaggi

– Componente dating sim solo abbozzata

– Combat system ridotto all’osso

– Mancanza evidente di contenuti

6.0

A.W.: Phoenix Festa è un titolo leggero ed intrigante, che riesce nel suo intento di intrattenere per qualche spensierata ora i fan della serie, nonostante l’ibrido impianto di gioco che lo caratterizza risulti poco profondo e alla lunga monotono.

Graficamente gradevole, al netto di menu molto spartani e un costante senso di approssimazione, il titolo è piagato da una evidente mancanza di contenuti, sia per il risicato numero di personaggi che per le poche modalità di gioco.

A conti fatti, il decantato mix tra picchiaduro alla giapponese e dating sim risulta riuscito solo in parte, con entrambe le componenti poco più che abbozzate, mentre la discreta rigiocabilità della modalità storia non riesce a colmare il problema di una longevità per nulla sconvolgente.

Insomma, un gioco che è d’uopo consigliare solo agli appassionati del brand di riferimento, soprattutto in concomitanza di forti sconti.

Voto Recensione di Asterisk War: Phoenix Festa - Recensione


6