Anteprima

Army Of Two: The Devil's Cartel

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a cura di Mugo

Londra – Il basilico, per noi italiani, è uno degli ingredienti fondamentali da utilizzare in cucina, ricopre più o meno il ruolo che negli Stati Uniti potremmo dare al ketchup, o in Messico al peperoncino. Anche nel mondo dei videogiochi, seguendo l’analogia, si possono trovare degli ingredienti fondamentali diversamente bilanciati all’interno delle varie produzioni. A volte, poi, può essere che uno solo di questi risulti preponderante sugli altri e sia in grado di reggere (quasi) da solo il sapore di un titolo. Nel caso di Army of Two: The Devil’s Cartel questo ingrediente è il divertimento, visto che giocando alla produzione Visceral Games ci si diverte non poco e si passa sopra ad alcuni aspetti che in altri casi sarebbero segnali allarmanti. Siamo volati a Londra per lanciarci nella campagna principale del “bro-game” per eccellenza ed incontrare Greg Rizzer, Producer di Visceral Games. Pronti ad un tripudio di fist-bump

Bromance 
Questo terzo capitolo della serie di Army of Two porta con sé un cambiamento che, sulla carta, potrebbe essere rilevante: due nuovi protagonisti. Diciamo potrebbe, perché bastano pochi secondi davanti al televisore per accorgersi di quanto in realtà non ci siano poi tante differenze, visto che le partite sono comunque un fiorire di maschie pacche sulle natiche e battute prese di peso da un film d’azione anni ottanta. Ecco, per chi amasse alla follia il genere reso grande dai vari Stallone e Schwarzenegger l’anteprima può anche finire qui, visto che Army of Two: The Devil’s Cartel sarà senza dubbio uno dei vostri must-have primaverili. Quando si sentono battute del tipo: “Dobbiamo passare al piano B” – “E qual è il piano B?” – “Il piano B è il solito, far esplodere tutto!” è infatti subito chiaro che il livello di testosterone della produzione Electronic Arts raggiungerà vette capaci di mandare in brodo di giuggiole ogni amante dell’azione, e questo ancora prima di impugnare il pad e scoprire che i propri sogni di virili abbracci tra omoni sudati possono diventare realtà. 
Epic bro time 
La pioggia di proiettili che investe i trafficanti sudamericani che cercano di fermare la nostra avanzata tra le lapidi di un cimitero è probabilmente quello che ci si può aspettare dal giorno del giudizio, un’inarrestabile grandinata di piombo che sgretola ossa e pietre tombali senza fare tanta distinzione, costringendo i nemici a correre da una copertura all’altra agitando scompostamente il loro AK-47. Con un’agilità sorprendente vista la stazza, i due protagonisti guizzano da una copertura all’altra grazie ad un sistema di controllo pensato proprio per mantenere il giocatore in mobilitià, lanciando granate e beandosi del sistema di moltiplicatori del punteggio che sbraita in mezzo allo schermo. Ogni azione, infatti va ad influire sulle prestazioni dei giocatori grazie ad un sistema capace di valutare il livello di cooperazione. Fiancheggiare i nemici porta più punti, salvare il compagno anche, uccidere in coppia pure, insomma, l’accento è decisamente posto sul gioco a a due. “Ogni azione che compi serve ad aumentare l’overkill-meter”, ci ha detto Greg Rizzer, “abbiamo studiato un sistema capace di ripagare i giocatori mentre compiono le azioni che risultano più naturali”. E poi ci sono i momenti dove scocca la vera e propria scintilla tra Alpha e Bravo, i protagonisti, quei momenti che li vedono agire come un sol uomo: su tutti ci è piaciuta particolarmente la possibilità per un giocatore di recuperare uno scudo in plexiglass e per l’altro di utilizzarlo come una copertura mobile, agganciandosi e muovendosi in sincronia per avanzare lenti e inesorabili squarciando le fila nemiche. Tutto molto bello, a patto di avere qualcuno con cui giocare. Army of Two: The Devil’s Cartel, infatti, è un titolo fortemente indirizzato verso il multiplayer cooperativo nonostante sia prevista la possibilità di giocare da soli controllando tramite semplici comandi il compagno. Noi questa modalità non abbiamo potuto provarla, ma l’impressione è che quell’atmosfera tipica dello spogliatoio di una squadra di lotta nel fango vada a perdersi in assenza di un bro col quale condividere l’esperienza. 
Tombe e catacombe 
Il livello preparato da Visceral Games per la nostra prova era diretto a mostrarci l’importanza di coperture e mobilità quando si affrontano decine di nemici contemporaneamente. Il Frostbite 2, il motore grafico che muove il titolo, è infatti capace di rappresentare la distruzione degli ambienti come pochi altri, e così abbiamo visto quasi ogni copertura soccombere al fuoco incrociato. Il level design si è rivelato dunque molto lineare, una sequenza di stanzoni da ripulire e distruggere, anche se le cose sono cambiate sensibilmente con la nostra discesa nel dedalo di gallerie sottostanti una chiesa. Il primo fattore capace di variegare l’esperienza è dato dall’assegnazione dell’equipaggiamento: solo un giocatore verrà dotato di torcia per farsi luce nell’oscurità delle catacombe, il secondo dovrà fidarsi del compagno e cercare di coprirgli le spalle vista la capacità dei nemici di nascondersi nel buio e sbucare fuori all’ultimo per un disperato assalto corpo a corpo.Anche la struttura del livello appare meno lineare, con qualche (piccola) digressione dal percorso principale ed un ritmo meno concitato, anche se sempre rapido.L’accompagnamento sonoro è affidato al frastuono dei colpi ed alle grida di nemici e protagonisti, creando così un’atmosfera azzeccata e capace di coinvolgere ancora di più il giocatore. 
Ancora una volta, però, ribadiamo la necessità di condividere l’esperienza ad Army of Two: The Devil’s Cartel con qualcuno, meglio se nella stessa stanza in split-screen, visto che la presenza di un amico con cui fracassare e distruggere è la vera chiave di volta capace di staccare il titolo Visceral Games dagli altri esponenti della categoria. 

– Molto divertente in cooperativa

– I due livelli provati hanno dato l’impressione di una buona varietà

– Atmosfera sopra le righe

Army of Two: The Devil’s Cartel è un titolo chiaramente votato alla cooperativa, nonostante preveda la possibilità di giocare da soli e dare semplici comandi al compagno controllato dall’intelligenza artificiale. Tecnicamente non si può certo gridare al miracolo, ma i due livelli provati allo showcase londinese hanno dimostrato una certa varietà delle situazioni proposte e, soprattutto, ci hanno divertiti non poco.