Recensione

Anima: Ark of Sinners

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a cura di Pey'j

Hola! Habbiamo aquì uno gioco de action platform nuevo dalla sviluppatore Anima por il canale Wiiware. Una bella historia, una bella donzella combattente de nome Celia e una citta plena de misteriosi. Be’, sì, facciamo gli zuzzurelloni. Così, per celia. Anzi per Celia, protagonista di Ark of Sinners i cui testi, che si tratti di dialoghi o di documenti svelati, sono davvero tradotti con quella forte “inflessione” ispanica dall’effetto involontariamente comico. Ma un gioco, specie un action-platform in 2D, lo si valuta prima di tutto per le sue qualità meccanico-strutturali, no hay problemas se lo ha tradotto Pedrito, el figliol de la parrucchiera de fiducia del team sviluppatore. E poi Pedrito è tanto simpatico, ti fa lo shampoo con competenza e, a quanto dice, è stato in vacanza in Italia a Natale scorso.BeneCelia è una diciottenne con un bel personalino: grossi seni appena fasciati, vita stretta e pancino scoperto, gambe extra-lunghe e tornite a puntino, visino amabile e innocente ma non privo di fierezza. Questo è quello che si vede nelle diverse schermate di introduzione al gioco. Bene. Celia, senza sapere come né perché, si trova ad Arca, misterica città, scura, gotica, abitata da avverse ombre maligne che in alcuni casi sembrano ispirarsi a Goya. Arca è ben sviluppata in altezza e in ampiezza e offre una discreta varietà di ambienti, tutti inquietanti. Bene.Celia corre, salta e usa la spada. Il gioco promette intense fasi di platforming, scontri duri coi nemici e la realizzazione di un notevole numero di mosse e combo. Bene.E sotto c’è una storia, densa di segreti da rintracciare, di monoliti da decifrare, di civiltà e poteri magici, di vecchi compagni dispersi e di nuovi potenziali, intriganti alleati. Bene.In sintesi: gli ingredienti di Anima Ark of Sinners sono scelti con cura e buon calcolo.MaleQuando si passa dalla Celia delle immagini a schermo fisso a quella in-game, la sorpresa è tanta. Lo sprite potrebbe essere la rappresentazione di Johnny Winter che non si fa uno shampoo da sette anni (e Pedrito, dove stava Pedrito?) travestito – magari per esigenze di palco – da bucaniere. L’animazione della corsa non è migliore dello sprite: trasforma una ragazza verosimilmente atletica nell’ingobbito Fantasma del Pirata Barbabianca mentre fa sci di fondo. Ma, estetica a parte, c’è una certa trascuratezza anche nelle mosse: nel salto, innanzi tutto, guastato da lag e da una controllabilità da metabolizzare con stomaco preparato. E tutta l’azione, in Ark of Sinners, trasmette come un senso di precarietà, di mancata puntualità. Di viscosità. Laddove il tempismo e l’elasticità sarebbero stati invece essenziali. La qualità della traduzione, allora, può essere presa in parte come un metro della qualità ultima dell’esperienza offerta dal titolo. La storia che i monoliti raccontano non è malvagia, come non è malvagio l’impianto di gioco. Gli esiti, però, sono solo in parte soddisfacenti. Il salto, dicevamo: non si allunga nella direzione della corsa e tuttavia torna indietro in misura molto accentuata appena si sfiora il D-pad nell’intenzione di “frenare”. Tale asimmetria può tornare utile negli scontri, ma nelle fasi di platforming, specie all’inizio, dà qualche fastidio. E quando atterra, Celia, per un po’ scivola e per qualche istante non risulta controllabile: nessuna correzione è consentita finché non è tornata in posizione di “riposo”. E se l’approccio alle piattaforme può essere conseguentemente decelerato, lo stesso non può dirsi per le fasi action più combattive, nelle quali, che il personaggio risulti controllabile o meno, i nemici – anche i più “fessi” – menano da matti. E ancora più critico è l’intervallo di mancata controllabilità che segue una combinazione: per quella che sembra un’eternità, Celia è in balia del nemico. La “sequenza tipo” è: a) Celia fa una mossa; b) Atterra pesantemente – se avete deciso di saltare – come fosse zavorrata, come avesse preso in prestito da altra saga un paio di stivali gravitazionali e/o in ogni caso rimane congelata nella posizione finale della combo;c) Inerme, consente allo sciocco nemico di turno di conciarla per le feste e di farla volare magari nei pressi di un altro nemico che a sua volta, mentre Celia, incontrollabile, si rimette in piedi… Il tutto senza che abbiate potuto porre rimedio alcuno ai colpi che vi sono piovuti addosso.Ovviamente la sequenza descritta è da riferire alle prime esperienze con Ark of Sinners. Pian piano si trovano le contromisure adeguate, ma il processo di apprendimento è tutt’altro che sciolto e l’esperienza nell’insieme non consente al giocatore di dedicarsi liberamente all’azione “dimenticando” il sistema di controllo, le cui imperfezioni non smettono mai di farsi “apprezzare”.

Bene o maleL’ambiente vorrebbe essere carico di mistero: i fondali, gli elementi in primo e secondo piano, pur coerenti con il progetto, sono scarni e angolosi. Il gotico (che sa anche di Rinascimento) che ne risulta è piuttosto vacuo, solo parzialmente, e forse involontariamente, metafisico. L’attesa di scoperte, dell’arcano (siamo o non siamo ad Arca!) non acquisisce il peso desiderato. Tuttavia l’insieme appare sufficientemente gradevole e funzionale.I nemici sono implacabili fin dall’inizio, specie se affrontati in modo sbarazzino. Ci sono mosse e combo e vanno usate, sebbene con la dovuta accortezza per via del lag e del congelamento finale. Ma l’impossibilità di andare avanti nel gioco usando il solo button mashing appare come un punto a favore, una qualità che offre – impone, più che altro – profondità. Se dunque qualche appunto si può muovere alla curva di apprendimento (verticale come un palo della luce) e all’estrema povertà del tutorial (le mosse sono diverse e i comandi per ottenere le combo vanno letti e studiati preventivamente sul manuale elettronico o rinfrescati attraverso il menu apposito – dove tuttavia alle mosse sono assegnati nomi di fantasia non sempre significativi), infine i combattimenti sono soddisfacenti sebbene richiedano un’esperienza costruita attorno a morti repentine e ripetute e non è detto che tutti abbiano la pazienza dei santi.Game Over su Game Over (le ripetizioni sono illimitate), si riprende con la barra della vita là dove l’abbiamo lasciata (sì, anche prima di un mini-boss: se avevamo un solo pixel di vitalità, con quello ripartiamo), e questo può stancare, dato che gli scontri con buona parte dei nemici non sono evitabili: non appena varchiamo (anche di ritorno) una certa soglia invisibile, viene creata un’arena estemporanea, chiusa lateralmente da due dischi magici, variopinti e traslucidi, i quali non spariscono finché non abbiamo ripulito completamente l’area. Le musiche sono di atmosfera dark, come da progetto, e, quantunque spesso monocordi, risultano molto valide.

– Bella atmosfera

– Combo molto ben concepite…

– Movimenti vischiosi e ritardati

– … ma viziate da lag e “congelamento”

– Traduzione svergognata

6.0

Anima Ark of Sinners avrebbe potuto rinverdire i fasti del vecchio action 2D. Il progetto si mostra ambizioso e ricco, ma la realizzazione è riuscita solo in parte a causa di un sistema di controllo oggettivamente lacunoso. Può far perdere la pazienza anche giocato alle difficoltà inferiori, pertanto lo si consiglia esclusivamente a chi intenda goderne le qualità consapevole di dover lottare doppiamente per averla vinta.

È un gioco ostico. O meglio, reso ostico. Ma non privo di spunti interessanti.

Voto Recensione di Anima: Ark of Sinners - Recensione


6