Ancora un altro turno #1

Avatar

a cura di drleto

Dopo lo sconvolgente debutto della settimana scorsa (una sorta di pilot che ha mandato in visibilio tutte le nostre lettrici over 70) arriva il primo episodio prima serie di Ancora un altro turno. Tanto per far capire come non ci sia un filo conduttore univoco (tranne chi scrive e le sue paturnie) ecco un tuffo nel passato: quanti di voi si ricordano GamePower?

Gheimpuà

Mi ricordo ancora il mio primo approccio con la stampa specializzata. Era un freddo dicembre dei primi anni ’90, con mia madre ero a fare la spesa all’Euromercato di Paderno Dugnano, prima ancora che lo trasformassero in un centro commerciale. Era una giornata buia e piovosa, di quelle che ti spingono a buttar via qualche lira per ritrovare il sorriso, soprattutto se a scuola ti eri annoiato e di lì a poco ti stava attendendo un’intensa sezione di spesa al fianco dell’indifferente genitrice. Per questo entrai in un’edicola alla ricerca di chissà quale fumetto o probabilmente ero ancora nel pieno della mia infatuazione degli Acchiappafantasmi, non quelli del film, gli altri, ed ero intenzionato a comprare qualche pacchetto delle loro figurine. La mia vita di videogiocatore gravitava attorno ad un GameBoy, acquistato qualche anno prima grazie alle tante settimane di accumulo della paghetta settimanale. L’immancabile Tetris mi aveva fatto già consumare parecchie batterie, ma la scoperta di essere meno dotato di mia sorella mi fece perdere presto l’interesse sull’immortale capolavoro di Pajitnov.

Gli altri titoli posseduti erano l’inguardabile World Cup, una sottospecie di ibrido tra Holly e Benji e Frankestein, un Tartarughe Ninja qualsiasi (ebbene si ero un bimbominkia anche io…) e Super Mario Land. Questo capitolo di Mario, per quanto sperimentale, riusciva a condensare il pochi pixel tutto lo spirito del panzuto idraulico: tante piattaforme, salti millimetrici, i soliti nemici e musiche magnetiche. Che poi ci fosse Daisy al posto di Peach, un alieno come nemico finale o sezioni a bordo di sommergibili ed aerei poco importava, per me era (e un po’ lo è tuttora) un gioco incredibile. Quel famoso giorno di dicembre però, sulla copertina di una rivista era raffigurato il celebre idraulico con due vistose orecchie da coniglio ed un titolo a caratteri cubitali che annunciava l’imminente capolavoro con voti stratosferici. Era il numero 12 di GamePower indimenticata rivista prodotta dallo StudioVIT, una delle più prolifiche redazioni che, tra una sventura e l’altra, hanno creato capisaldi dell’editoria videoludica italiana come K, Zzap!, Zeta e Videogiochi senza contare il celeberrimo Fantacalcio. In quelle pagine ho trovato un nuovo mondo fatto di notizie, di titoli provenienti da paesi lontani, di console sconosciute come il PC Engine: in altre parole ho scoperto che il mondo dei videogiochi non era solo quello mostrato da Zenga o Jerry Calà negli spot SEGA e nemmeno quello mostrato da Gallarini e Mastrota in USA Today, ma era qualcosa di più grande complesso e, con mia sorpresa, dava da mangiare a parecchi persone!

C’erano infatti fortunati ragazzi che avevano già provato il seguito del mio videogioco preferito, che ne esaltavano lo sconvolgente gap tecnologico rispetto al primo capitolo, che si deliziavano della nuova struttura a mondi e non più lineare e che si crogiolavano della simpatia di questo nuovo, strano personaggio, Wario.Non ricordo più se la recensione l’aveva scritta Dupont, RedFury, Apecar, Log, Mbf, Biomassa o chissà quale altro redattore del tempo so solo che da quel momento in poi (ad essere sinceri dal numero 16 dell’aprile successivo, con in copertina Star Fox per Super Nes, ma dovevo racimolare i soldi per comprare Super Mario Land 2 o no?) ogni mese avevo un appuntamento fisso in edicola con questi loschi figuri che mi avrebbero consigliato come spendere i soldi e che avrebbero, loro malgrado, influenzato il mio modo piuttosto ironico e distaccato di vedere questo splendido media, di approcciarmi alle polemiche dei lettori (ce ne erano già ai tempi!) e persino la mia futura vita sociale e non. Anche perchè dopo una brillante (?) laurea in Pianificazione Territoriale ho avuto la fortuna di trovare qualcuno che mi consenta di fare, nel mio piccolo, qualcosa di simile a quello che hanno fatto loro. Non ho la presunzione di poter/voler aspirare allo stesso ruolo che ragazzi di GheimPuà hanno avuto per me, ma spero almeno che vi stiate divertendo a leggere Spaziogames, quanto io lo facevo con questa storica pubblicazione.