Recensione

7th Dragon III Code VFD

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Quarto (e verosimilmente ultimo) capitolo di una serie che ha goduto di buon seguito in Giappone, ma non tanto da riuscire a guadagnarsi una traduzione, e con essa il passaporto per l’occidente, 7Th Dragon III Code VFD giunge sui 3DS europei con un certo ritardo tanto rispetto alla versione giapponese quanto a quella statunitense, probabilmente a causa delle vicissitudini che Imageepoch (ormai defunta) ha attraversato.
Ma, come si dice, meglio tardi che mai.
Parliamo di un dungeon crawler abbastanza canonico, che però non lesina un paio di finezze e riesce, nel complesso, ad intrattenere piacevolmente sia gli appassionati del genere, sia i neofiti, cui tende la mano in maniera insospettabile.

Ahhhh, i Draghi
Sebbene la conoscenza pregressa dei precedenti episodi, mai ufficialmente tradotti per l’Europa, non sia assolutamente necessaria per godere di 7Th Dragon (da ora in poi lo chiameremo solo così per brevità), la conoscenza del mondo di gioco e della visione che la serie offre dei draghi aiuterebbero molto il giocatore a calarsi nell’avventura, soprattutto durante le prime ore di gioco, fatalmente lente.
I draghi rappresentano qui una minaccia per l’umanità, che ha debellato il quinto (su sette totali) da troppo tempo per rimanere allerta, e, nel 2100, complice lo sviluppo tecnologico e prolungati decenni di pace, il genere umano ha abbassato la guardia senza nemmeno accorgersene, convinto di averla scampata.
A ottant’anni dagli eventi raccontati nell’episodio per PlaystationPortable, ultimo in ordine di tempo, gli unici preoccupati del possibile avvento del drago chiamato VFD (ma chi li sceglie, questi nomi!?!?) sono quelli della Nodens Corporation, che, nel tentativo di non dare troppo nell’occhio, utilizzano un popolare videogioco, chiamato 7th Encount, per reclutare i più promettenti tra i giovani giocatori.
Più che per le dinamiche di gioco, che hanno metabolizzato senza problemi lo sviluppo problematico e gli anni intercorsi dal lancio originario, è proprio l’intreccio ad aver accusato maggiormente il peso del tempo, risultando non solo poco originale in termini assoluti ma anche scevro di personaggi cui il giocatore può affezionarsi: ce ne sono di eccessivamente stereotipati (Allie, Julietta) e di irritanti (Nagamimi su tutti), e il tutto è condito da una serie di dialoghi poco ispirati ed eccessivamente verbosi che non aiutano l’immedesimazione.
Certe tipologie di gioco si prestano poco a raccontare storie, visto che tutto il party è user generated, tanto che anche la conclamata serie degli Etrian Odyssey di Atlus ha avuto bisogno di due remake per offrire al pubblico una parvenza di trama e di personaggi con un minimo di profondità, ma, cionondimeno, il comparto narrativo di 7th Dragon risulta assai poco coinvolgente, e non ci stupiremmo se i più frettolosi tra i nostri lettori, soprattutto in caso di sessioni di gioco forzatamente brevi (come in metro o in fila ad uno sportello), saltassero molti degli scambi di battute.

Dungeon crawling
La struttura di gioco ricalca quella dei dungeon crawler più classici, ma tenta di inserire nel contesto qualche novità, nella forma di un job system che comprende classi abbastanza originali e della visuale di gioco, che lascia la prima persona, consueta per questo sottogenere, per abbracciare una telecamera a volo d’uccello che richiama quella della genia di giochi scaturiti da Diablo.
Il ritmo degli scontri è sempre abbastanza incalzante, ed è gestito da una sorta di radar visibile nella parte alta dello schermo, che avvisa il giocatore della vicinanza dei nemici e dell’imminenza di un combattimento, proprio come negli Etrian Odyssey: da questi ultimi, 7th Dragon prende anche la possibilità di creare da zero il proprio party, tanto nell’apparenza fisica quanto nelle classi, potendo inizialmente attingere ad una scelta di sole quattro, che però si rivelano assai variegate ed appaganti.
Il Duelist si segnala per il fatto di pescare una carta per ognuno dei turni di combattimento, che si somma alle due con cui inizia di default: ognuna di esse è associata ad un elemento, e queste possono essere combinate per creare incantesimi di grande potenza; l’Agent si impossessa del nemico per un limitato periodo di tempo, costringendolo ad attaccare i suoi simili e lasciandogli spesso uno stato alterato come ricordo, mentre il God Hand è assimilabile al monaco visto altrove, con una grande attenzione al combattimento fisico e la capacità di curarsi in autonomia.
Chiude il quadro il Samurai, probabilmente la classe meno originale, che può equipaggiare tutte le spade rinvenibili nel gioco ed accede a delle abilità uniche per ognuna di esse: il modo di combattere è sensibilmente differente a seconda della composizione del proprio gruppo di combattenti, ma 7th Dragon commette l’errore di introdurre ulteriori classi (non meno interessanti di quelle di partenza) nella seconda parte dell’avventura, quando il giocatore si è abituato ai set di quelle già in uso, con il risultato che spesso, anche per i nuovi personaggi reclutati, si preferirà continuare a battere la strada nota lasciando perdere la nuova.
Allo stesso modo, il party che scende in campo consta di tre soli elementi, ma, dopo diverse ore di gioco, si potrà accedere a due gruppi supplementari, che forniscono supporto e possono anche partecipare a degli attacchi di gruppo decisamente devastanti: la trovata, in sé, sarebbe anche apprezzabile, ma contribuisce ad abbassare ulteriormente un livello di difficoltà decisamente più accondiscendente della media del genere.
Durante le lunghe ore di test, siamo incappati nel game over in due sole occasioni, entrambe a ridosso dello scontro finale, quando abbiamo sottovalutato uno dei combattimenti contro i draghi, gli unici a costituire un vero pericolo per il party.
Il combat system, nel complesso, funziona più che bene, comunque, e si rivela sicuramente uno dei punti di forza della produzione: la grande varietà di attacchi speciali, le abilità spesso uniche dei protagonisti e la spettacolarità di alcuni colpi garantiscono un buon tasso di divertimento, anche se, privati della difficoltà vista altrove, gli scontri possono risultare un po’ tediosi nella loro frequenza, visto che spesso basterà attaccare a ripetizione per avere la meglio sui nemici comuni.
La sensazione, dopo aver giocato al meglio che la ludoteca 3DS ha da offrire nel genere (non solo i tre Etrian Odyssey usciti, ma anche un certo Persona Q), è che Imageepoch abbia puntato più su un pubblico meno esperto e quindi meno avvezzo a schermate zeppe di statistiche e a scontri decisamente ostici: ne viene fuori un prodotto godibile, che gli appassionati che hanno già completato i titoli summenzionati farebbero bene a prendere in considerazione, ma che si piazza decisamente dietro a questi in un’ipotetica classifica qualitativa.

Kudos, Yuzo
A livello tecnico, 7th Dragon vive di alti e bassi, com’era lecito aspettarsi vista la travagliata trafila cui il prodotto è andato incontro, come testimoniato anche dall’inopinata assenza dell’effetto stereoscopico, non giustificata dalla qualità di ciò che c’è a schermo (come nel recente Super Mario Maker, ad esempio).
Il motore grafico è vecchiotto, probabilmente parente non troppo lontano di quelli visti su PSP, non è immune a qualche scatto qua e là ma, tutto sommato, svolge il suo lavoro senza infamia né lode, garantendo, quantomeno su New Nintendo 3DS (la console da noi utilizzata per il test) un framerate generalmente solido ed una costruzione poligonale discreta.
Il character design non fa molto per distinguersi dalle decine di JRPG sbarcati in occidente negli ultimi anni, ma non si può definire sgradevole: i personaggi sono variegati e ben disegnati e i draghi, in particolare, godono di modelli davvero belli da vedere e sufficientemente differenziati tra loro per non annoiare gli occhi del giocatore già dopo una manciata di ore.
A proposito di monte ore, noi ne abbiamo impiegate circa una trentina per giungere allo scontro finale, che si è rivelato ben più arduo delle sfide che lo hanno preceduto: un valore di longevità più o meno nella media, sebbene inferiore rispetto ai già citati Etrian Odyssey di Atlus.
Dove il prodotto svetta, rivaleggiando con le migliori produzioni, non a caso musicate dallo stesso artista, è nella colonna sonora, a firma di Yuzo Koshiro: qui il maestro offre una prova all’apparenza più sbarazzina rispetto ai seriosi dungeon crawler Atlus, ma riesce comunque a riempire le piccole casse di 3DS di melodie orecchiabili, improvvisamente ritmate durante gli scontri e adeguatamente soavi durante l’esplorazione.
Se il backtracking, a tratti eccessivo, pesa un po’ meno sulla valutazione finale, è anche (se non del tutto) merito delle note messe insieme dal compositore giapponese.

Combat system solido e soddisfacente

Colonna sonora di qualità

Gli scontri con i draghi sanno essere impegnativi

Comparto narrativo dimenticabile

Alcune classi si sbloccano troppo tardi

Ci sono diverse opzioni migliori su 3DS

7.5

7th Dragon III Code VFD rappresenta una buona scelta per i neofiti del genere, spaventati dal livello di sfida della saga di Etrian Odyssey ma comunque vogliosi di provare un JRPG dotato di un buon combat system e di classi lontane dai cliché del genere.

A patto che abbiano prima completato i congeneri migliori che la ludoteca di 3DS propone, anche i veterani potranno trarne un discreto divertimento, se non altro per provare le peculiari abilità in dote agli Agent o l’inseparabile mazzo di carte del Duelist.

Per godere a pieno dei pregi del prodotto, però, bisogna anche essere consapevoli delle mancanze, onde evitare delusioni figlie di eccessive aspettative: a fronte di un sistema di combattimento snello e ben riuscito, il prodotto Sega pecca a livello narrativo e nella difficoltà generale, aumentando il ventaglio strategico a disposizione del giocatore troppo tardi nell’avventura.

A queste condizioni, l’acquisto è comunque consigliato, grazie anche ad una colonna sonora davvero degna di nota.

Voto Recensione di 7th Dragon III Code VFD - Recensione


7.5