I videogiochi stanno (finalmente) imparando dagli anime

Negli ultimi anni sta nascendo una nicchia di videogiochi che si ispirano sempre più allo stile narrativo e artistico degli anime giapponesi.

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a cura di Silvio Mazzitelli

Redattore

I videogiochi appartengono a un mondo sempre in continua evoluzione. Se agli albori i giochi si basavano fondamentalmente su semplici strutture in cui lo scopo era fare il punteggio più alto fino all’inevitabile game over, oggi ci troviamo sempre più spesso di fronte a produzioni da milioni di dollari degne di un film di Hollywood.

E, parlando di film, possiamo dire che a oggi proprio il cinema sia una fonte d’ispirazione per l’evoluzione del mondo videoludico. D’altronde il mondo dell’intrattenimento in generale è sempre alla ricerca di nuovi spunti per creare qualcosa di nuovo e innovativo e le contaminazioni tra diversi tipi di media ci sono sempre state.

Così oggi abbiamo titoli come Uncharted, il nuovo God of War e The Last of Us che devono molto al cinema, soprattutto per il loro stile narrativo. Anche l’ascesa delle serie TV ha influenzato molto il mondo dei videogiochi. Basti pensare a Quantum Break, titolo sperimentale di Remedy che alternava fasi di gameplay a vere e proprie puntate di una serie TV, oppure la natura episodica di Life is Strange o dei titoli di Telltale Games.

Allo stesso modo, anche i videogiochi da diversi anni stanno influenzando cinema e TV. Sono ormai molti i film che sono realizzati cercando di traslare una struttura videoludica su pellicola: pensiamo ad esempio al film Hardcore, realizzato completamente con una visuale in prima persona, o il recente Boss Level con Frank Grillo e Mel Gibson, che addirittura ha dei momenti che ricordano un soulslike.

Seppur più di nicchia, anche l’animazione giapponese rappresenta sempre più uno spunto per il mondo dei videogiochi, tanto che lo stile narrativo tipico degli anime è sempre più presente in molti titoli originali. Dopo tanti tie-in realizzati nel corso degli anni, finalmente stiamo assistendo alla nascita di titoli che si ispirano al mondo dell’animazione giapponese senza essere legati al nome di qualche grosso franchise.

Senza dubbio un grande rischio, che però potrebbe portare alla nascita di nuove IP più che valide.

Videogiochi e anime: un legame sempre esistito

Il mondo dei manga e dell’animazione giapponese è sempre stato in qualche modo interconnesso con i videogiochi. Sin dagli anni ’80 troviamo innumerevoli titoli che adottarono uno stile da anime per i propri personaggi. Tralasciando gli innumerevoli tie-in dedicati ai manga e agli anime più famosi, da sempre esistiti, pensiamo ad esempio a Mega Man (Rockman in giapponese), la cui copertina in stile anime venne cambiata totalmente all’uscita in Occidente perché ai tempi si pensava che lo stile animato orientale non potesse vendere al di fuori del Giappone.

Per non parlare poi di Dragon Quest, dove Yuji Horii coinvolse sin dal primo capitolo, uscito nel 1986, l’allora mangaka in erba Akira Toriyama, che aveva da poco iniziato Dragon Ball. Il famoso autore continua ancora oggi a prestare il suo caratteristico character design alla saga creata dall'allora Enix.

Proprio gli RPG nipponici sono il genere che più di tutti ha subito le influenze del mondo dell’animazione giapponese, non soltanto nel design dei personaggi, ma spesso anche nella loro caratterizzazione e negli elementi narrativi. Sebbene siano tantissimi gli RPG di questo tipo, la saga che maggiormente si ispira allo stile degli anime è quella dei Tales of di Bandai Namco, nata nel 1995 con Tales of Phantasia.

Questo titolo si distinse subito per un gameplay più action e per alcune caratteristiche che avvicinavano maggiormente la storia a quella di una serie animata. Non a caso alcuni anni dopo venne trasformato proprio in un anime.

Da lì i Tales of divennero una delle saghe di RPG più longeve e conosciute in Giappone e poi nel mondo, grazie proprio ad alcuni elementi presi in prestito dal mondo dell’animazione, elementi che li rendono ancora oggi unici nel loro genere.

Abbiamo già citato ad esempio i combattimenti in stile action, contraddistinti da mosse speciali uniche per ogni personaggio, con i nomi di queste che vengono urlati in mezzo alla battaglia proprio come negli tipici shonen à la Dragon Ball.

Le Mystic Artes poi, solitamente i colpi più potenti del gioco, sono addirittura accompagnate da un vero e proprio filmato che enfatizza in maniera spettacolare la potenza dell'attacco. Altra meccanica unica è quella delle Skit, dialoghi extra che approfondiscono la storia o il rapporto tra i protagonisti, sempre realizzate utilizzando le sagome in stile anime dei personaggi invece che i loro modelli 3D.

Inoltre, ogni capitolo ha solitamente una sorta di opening musicale realizzata come se fosse la sigla di un anime e diverse sequenze animate che raccontano le parti più importanti della storia.

I Tales of sono al tempo stesso tra gli RPG che hanno avuto più adattamenti animati, spesso realizzati dagli stessi studi creatori delle scene animate all’interno dei titoli, come ad esempio Production I.G. e Ufotable. A breve uscirà Tales of Arise, ultimo capitolo della saga che abbiamo recentemente provato, ed è stata già presentata una opening realizzata, proprio in stile anime, dallo studio Ufotable, divenuto famoso negli ultimi anni per essersi occupato della serie animata di Demon Slayer.

Sono due le software house che hanno contribuito in particolar modo alla sovrapposizione di questi due mondi: Arc System Works e Cyberconnect2.

Arc System Woks ha dato origine, con il primo Guilty Gear, a un sotto-genere conosciuto dai fan come “anime fighters”, picchiaduro con un’estetica che prende molto dalle serie animate giapponesi e il cui gameplay consta di un’azione di gioco molto più veloce, piena di combo e con mosse speciali ben più esagerate del solito.

Solitamente questi titoli danno anche più peso alla narrativa, basti pensare a Guilty Gear e BlazBlue (che ha anche ricevuto un adattamento animato nel 2013). Oltre a ciò, gli sviluppatori di Arc sono riusciti a trasporre in maniera eccelsa e con grande fedeltà all’opera originale diverse serie importanti, come Dragon Ball Z, Granblue Fantasy e Hokuto no Ken. Molte altre software house hanno poi seguito il loro esempio, come i French Bread, creatori delle serie Melty Blood e Under Night In-Birth.

Cyberconnect ha realizzato alcuni tra i migliori adattamenti videoludici di famosi anime e manga: si pensi alla serie Naruto Ultimate Ninja Storm, di cui sono stati realizzati ben quattro titoli ufficiali e alcuni spin-off, due titoli legati a Le Bizzarre Avventure di Jojo e il recente Dragon Ball Z: Kakaroth.

I Cyberconnect2 sono sempre stati elogiati per la grande fedeltà nei confronti delle opere da loro adattate in videogioco e per la creazione di sequenze altamente spettacolari, tanto da fare invidia agli anime originali. Se in generale i gameplay da loro realizzati sono piuttosto semplicistici e adatti a uno spettro di pubblico più ampio, la cura per i dettagli è sempre stata molto apprezzata dai fan.

A ottobre di quest’anno uscirà un nuovo titolo creato proprio da questo team, dedicato a Demon Slayer (l’anime del momento in Giappone) che già promette uno story mode molto fedele alla serie originale.

Cyberconnect2 però è stata anche una delle prime software house a sperimentare la via di fusione tra anime e videogiochi con il titolo Asura’s Wrath, pubblicato da Capcom nel 2012.

Tralasciando la pessima gestione di Capcom, che aveva inserito il vero finale in un DLC, il titolo era molto interessante proprio per la sua particolare struttura, con una suddivisione in vere e proprie puntate separate tra loro da una sigla, dal riassunto delle puntate precedenti e dalle anticipazioni delle successive.

Oltre a ciò, la storia ricordava i classici shonen manga, con combattimenti sempre più esagerati e sequenze animate in CG spettacolari e infarcite di QTE. Ne è un esempio una boss battle sulla luna in cui l’avversario rispediva il nostro protagonista sulla Terra col potente affondo di una spada allungabile all’infinito, trapassando nel mentre l’intero globo terrestre.

Asura’s Wrath è stato veramente il primo tentativo di creare un videogioco adoperando lo stile narrativo degli anime, dando cioè vita a un vero e proprio “anime da giocare”, che ha poi portato a nuove sperimentazioni.

Due mondi che si intrecciano

Con l’avanzare delle tecnologie, soprattutto nella realizzazione dello stile in cel-shading, negli ultimi anni si sono viste diverse produzioni esibire una grafica che non ha nulla da invidiare alle serie animate vere e proprie. Questo non è stato di giovamento solo per i videogiochi, ma lo è stato anche dal lato delle produzioni animate: si vedono sempre più spesso serie realizzate in CG con risultati più che accettabili.

L’influenza dell’animazione giapponese nei videogiochi è sempre stata forte, ma negli ultimi anni stanno iniziando a emergere titoli diversi dai soliti tie-in, figli di una fusione dei due media. Sono sempre più i videogiochi che sembrano tratti da qualche famoso anime, ma che in realtà sono delle IP originali. Solo negli ultimi mesi possiamo contare ad esempio l’arrivo di Scarlet Nexus e Guilty Gear Strive.

Scarlet Nexus è l’esempio perfetto di questo filone, in quanto è un titolo action con elementi da RPG che è davvero realizzato con una narrativa pienamente in stile anime. Lo è così tanto che è stato realizzato un vero e proprio anime in contemporanea con l’uscita del gioco.

Non si possono ancora fare paragoni tra la serie animata e il videogioco (la serie è ancora in corso in Giappone), ma quest’ultimo è strutturato in modo da far vivere al giocatore una storia che sembra un anime interattivo, non soltanto nelle sue componenti narrative, ma anche nel gameplay.

Ogni scontro è infatti un mix tra poteri speciali di varia natura, la fusione di questi per creare mosse speciali sempre più potenti e persino trasformazioni che rendono il nostro personaggio quasi invincibile. Senza contare le battaglie con i boss, soprattutto quelli umani, che danno davvero la sensazione di trovarsi a giocare l’adattamento di un classico shonen manga. Ma non mancano neppure le parti più rilassate in cui poter conoscere meglio i comprimari del titolo, tutti ovviamente ispirati a qualche archetipo tipico dello stile narrativo nipponico.

Guilty Gear Strive è invece l’ultimo picchiaduro di Arc System Works in cui, grazie allo stile grafico eccelso, sembra di vedere un anime in movimento a ogni scontro. Non è però finita qui: il titolo conta anche uno story mode che è in pratica una vera e propria serie animata realizzata con la grafica del gioco, esclusivamente da vedere, senza nessun tipo di gameplay. In realtà la software house aveva già adottato questo stile sin da Guilty Gear Xrd Sign, ma con Strive tutto questo ha fatto un salto di qualità ancora più evidente.

Anche il famoso titolo free-to-play Genshin Impact è realizzato palesemente per rivolgersi a un pubblico di fan dell’animazione giapponese. Tralasciando l’ovvio character design, possiamo notare come la maggior parte dei personaggi inseriti nel gioco appartengano a un qualche modello caratteriale tipico degli anime, senza contare che il doppiaggio giapponese è promosso da MiHoYo stessa, che ha ingaggiato diversi doppiatori famosissimi in Giappone per i ruoli dei personaggi principali.

Anche la trama del gioco ha una narrazione che, nella struttura, ricorda molto un anime, tanto che non ci sorprenderemmo nel vedere prima o poi l’annuncio di una serie d’animazione dedicata al titolo, vista la popolarità ottenuta.

L’animazione e i videogiochi giapponesi, in passato, in Occidente hanno anche condiviso lo stesso status di prodotti di nicchia, cosa che spesso ostacolava l’importazione di alcuni titoli (ad esempio alcuni dei primi Tales of non sono mai arrivati qui da noi).

Fortunatamente questa nicchia si è ormai allargata così tanto da essere diventata molto più importante anche nel nostro lato del mondo. Pensiamo ad esempio al successo ottenuto da Persona 5, un titolo che in passato sarebbe stato probabilmente accantonato perché pensato principalmente per il pubblico del paese del Sol Levante. La sua versione migliorata, chiamata Persona 5 Royale, è stata persino tradotta in italiano e ad oggi il titolo è considerato uno dei migliori JRPG della generazione appena trascorsa.

La serie Persona, nata come spin-off degli Shin Megami Tensei, ha subito un cambiamento radicale dal terzo capitolo, diventando qualcosa di unico all’interno del panorama dei JRPG. Nonostante mantenga molti aspetti di un RPG classico, come i combattimenti a turni e l’esplorazione di dungeon molto complessi, l’influenza degli anime si è fatta sentire sia sul gameplay che sulla narrativa.

Da Persona 3, infatti i giocatori vivono insieme ai vari personaggi una vera e propria vita scolastica parallela, fatta di studio, uscite con gli amici, vacanze estive tra mare e fuochi d’artificio, o l’organizzazione di festival scolastici come quello dello sport e della cultura: tutti elementi tipici dei classici anime ad ambientazione scolastica.

Tutto questo ovviamente accompagnato dall’aspetto misterioso e sovrannaturale dato dai Persona e dai poteri dei nostri protagonisti. Una storia dunque tipicamente da anime e infatti sia il terzo che il quarto e il quinto capitolo hanno poi visto la realizzazione di una vera e propria serie animata a loro dedicata.

Sarebbero ancora molti gli esempi da fare, come Code Vein, che vede lo stile degli anime applicato a un soulslike, o i due Ni no Kuni, JRPG con atmosfere e art design ispirati ai capolavori dello Studio Ghibli. Persino l’imminente Kena: Bridge of Spirits ha uno stile che ricorda molto un mix tra i film Pixar e quelli dello studio di Hayao Miyazaki.

Titoli come Scarlet Nexus, Asura’s Wrath e tutti gli altri titoli citati, sono dunque solo l’inizio di questo nuovo modo di fondere anime e videogiochi e siamo convinti che non saranno gli ultimi. Con il supporto di tecnologie sempre migliori e budget maggiori, basterà davvero poco per creare delle esperienze narrative che riescano a fondere lo stile degli anime con un’esperienza interattiva che solo i videogiochi sanno dare.

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