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Returnal, cicli di eterna dannazione | Recensione

Returnal è la prima sorpresa per PS5: vediamo perché nella video recensione.

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a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Informazioni sul prodotto

Immagine di Returnal
Returnal
  • Sviluppatore: Housemarque
  • Produttore: Sony Interactive Entertainment
  • Distributore: Sony
  • Piattaforme: PC , PS5
  • Generi: Sparatutto , Roguelike
  • Data di uscita: 30 aprile 2021 - 15 febbraio 2023 (PC)

Returnal inizia con l'atterraggio di fortuna di una navetta spaziale su un pianeta chiamato Atropo, da cui proviene un indecifrabile segnale che l'astronauta Selene ha deciso di seguire. Una volta fuori, la donna si rende conto che quel luogo non sottostà alle leggi terrene e, a ogni morte subita, un nuovo ciclo ricomincia come in un loop eterno che non conosce fine.

Morire significa rivivere lo schianto, riaprire gli occhi e ritrovarsi nuovamente intrappolati su Atropo, mentre fioccano audio-log di registrazioni che Selene non ha memoria di aver mai fatto, corpi di astronauti costretti a una prematura dipartita e ciò che resta di un'antica civiltà aliena pressoché estinta. E poi c'è una casa, la sua casa, come la proiezione mentale di un ricordo offuscato che si palesa in un luogo impossibile.

L'aura di mistero che avvolge la storia persiste e resiste fino ai titoli di coda, e in verità anche dopo, quando vi accorgerete che mancheranno dei piccoli tasselli pronti per essere scoperti dai più curiosi. Non si tratta di dettagli di vitale importanza che obbligano a una seconda partita da zero, ma essendo Returnal un roguelike moderno dove il concetto del ciclo eterno è parte fondante della narrazione, è assai probabile che possiate non sentirvi ancora sazi. Housemarque, questa volta, ha voluto ammaliare e sedurre i giocatori anche dal punto di vista narrativo, e in parte è riuscita ad elevare gli standard delle proprie produzioni.

Lo studio di sviluppo finlandese è una grande garanzia per quanto riguarda l'efficacia e la vivacità dei sistemi di gioco che è sempre stata in grado di proporre, e Returnal ne rappresenta di fatto la perfetta sublimazione dopo anni di esperienza nel genere. Ma cosa c'è di attraente nella storia della prima esclusiva di peso per PlayStation 5? Perché in fase promozionale si è parlato così tanto di un fantomatico mistero in attesa di essere svelato dopo aver visto i titoli di coda?

Returnal - Atropo, il pianeta dalle infinite forme

Returnal sceglie di non approfondire troppo l'antefatto, né di fornire al giocatore grandi spiegazioni. L'esplorazione ha il duplice scopo di fornire col contagocce gli elementi narrativi e migliorare le condizioni di vita e gli equipaggiamenti di Selene, mentre orde di creature tentano di cancellarne ogni traccia dal pianeta. La storia risulta essere molto rarefatta ed estremamente frammentata, e fin quando non avrete davanti agli occhi il quadro completo, sarà complicato riuscire a cogliere tutte le sfumature messe in scena. Ciò che va detto, è che i binari su cui si sviluppa sono sostanzialmente due: l'intricata vicenda personale di Selene, intrisa di dolore e perdite, e quella della civiltà aliena, che ha lasciato dei messaggi che potrete interpretare solo dopo aver trovato dei glifi sparsi lungo il mondo di gioco e aver esplorato a fondo i sei biomi.

Ci sono momenti in cui sentirete che sta per arrivare il punto di svolta, soprattutto attorno alla metà di gioco, ma è impossibile non constatare come manchino importanti approfondimenti anche al di là dell'effettiva percentuale di completamento globale. Quella di Returnal è una storia assai misteriosa anche a se stessa, e non mancano dunque alcuni buchi narrativi e anche delle risposte che rimangono solo in parte sottintese, talvolta mai date. Intendiamoci: riesce a incuriosire parecchio, a tirarvi dentro e a non lasciarvi più per lungo tempo, ma manca l'affondo decisivo e quella grandezza tipica delle grandi produzioni a cui Sony ci ha abituato nel corso degli anni.

Le prime ore in Returnal sono di ambientamento: dovrete capire sia come muovervi, sia in che modo oggetti, totem e strane figure possano essere utili nel vostro percorso di scoperta. Trattandosi di uno sparatutto in terza persona con spiccati elementi roguelike, è chiaro come gran parte dell'enfasi sia posta proprio sugli scontri e sulla capacità di trovare le vie utili a favorire la progressione, ma attenzione: morire significa ritrovarsi tutte le volte davanti a una nuova versione del luogo in cui siete stati poco prima, perché la natura procedurale del gioco prevede che il pianeta si riconfiguri in modo casuale tutte le volte che andrete incontro al fallimento.

Com'è facile immaginare ogni volta che si ha a che fare con la generazione randomica di ambienti ed elementi di gioco, a volte potrete essere più fortunati, altre volte decisamente meno, morendo addirittura nelle sezioni iniziali. Al di là di doverose ricalibrazioni che arriveranno con la patch prevista all'uscita, Returnal riesce a mantenere un buon compromesso pur affidandosi agli algoritmi; tuttavia, il peso di certe casualità non può essere preso sottogamba e rappresenta di fatto un'ingiustizia anche per i giocatori più virtuosi.

Per Housemarque si tratta a tutti gli effetti del grande salto, del passaggio definitivo a mondi tridimensionali in cui agire e muoversi con libertà, di un progetto più complesso e di più ampio spettro, che pad alla mano riesce decisamente a convincere e ad appagare. Le sparatorie sono rapide, gli scontri prevedono nemici con attacchi ben differenziati e l'abilità del giocatore è messa sempre al primo posto: la difficoltà unica è piuttosto sostenuta ma non è estremamente elevata, e ciò lo capirete solo quando smetterete di correre dritti al punto pensando di farcela.

In Returnal bisogna perseverare e adattarsi a ogni situazione, accettando la certezza che ogni partita rappresenta un'incognita che non genera mai situazioni poco impegnative o sommarie. Giocare a un roguelike come Returnal significa avere calma, esplorare e arrivare opportunamente potenziati nei momenti clou, altrimenti non farete altro che incappare in grandi frustrazioni e morire di continuo.

Gameplay

A ogni morte subita, Returnal vi priverà di tutte le armi, delle risorse e dei reperti ottenuti nell'ultimo ciclo. Manterrete invece gli oggetti chiave e alcuni potenziamenti permanenti: nella fattispecie, le migliorie della tuta, la possibilità di usare il fuoco secondario, il rampino o attivare i preziosi traslatori. I traslatori, per l'appunto, sono dei mini portali utili a spostarsi all'interno del bioma in cui vi troverete, fondamentali per evitare lunghe sessioni di backtracking.

Returnal vi spinge infatti a dover saltare da un punto all'altro per la semplice ragione che l'avanzamento non è affatto lineare, e che certi portali necessitano di chiavi ottenibili solo dopo aver scandagliato a fondo gli ambienti o aver superato delle fasi di sbarramento. Per accedere al bioma successivo dovrete far fuori il boss di turno, ma non è un'operazione che dovrete ripetere dopo la vostra ennesima dipartita, perché sbloccherete scorciatoie e modi per tagliare la strada più lunga, avendo poi modo di trovare all'imbocco della nuova zona un ricalibratore che aumenta il livello delle armi.

In Returnal, il focus dell'offesa avversaria è tutto concentrato sulla modalità e sul volume di fuoco, con momenti che danno vita a folli danze tra proiettili a cascata, raggi laser e sfere che seguono il bersaglio, esattamente come le sezioni da bullet hell a cui ci hanno abituato gli sviluppatori in passato. Non si spara soltanto, né lo si fa in maniera cieca: in Returnal entrerete ben presto in possesso di una sorta di katana che può distruggere delle barriere e fare danni agli avversari, ma ogni fendente ha un tempo di ricarica che vi farà desistere dagli approcci corpo a corpo continuativi. Anche i nemici sono dotati di devastanti attacchi fisici, e la schivata in tal senso diventa fondamentale, soprattutto perché apre un'ampia finestra d'invulnerabilità da dover sfruttare al meglio.

Soprattutto nelle fasi avanzate, ossia quando avrete la piena padronanza di Selene e il livello di sfida aumenterà, Returnal dà davvero grande spettacolo: tra movimenti rapidissimi mentre si compiono fulminee traversate col rapino, sparatorie tese e tirate fino all'ultimo proiettile, schivate e colpi di katana, la soddisfazione raggiungerà livelli davvero insperati. Dentro di voi sentirete di voler tornare su Returnal molto spesso, di non volerlo abbandonare anche dopo un nuovo insuccesso, e questo è ciò che solo in pochi riescono a fare.

In alcune aree troverete poi dei forzieri, coi migliori tra di essi che possono essere maligni: questi ultimi possono causarvi degli effetti negativi che si traducono in dei malus accumulati che creano non pochi problemi, azzoppando alcune delle vostre abilità o creando impedimenti che possono risultare assai sconvenienti (state sempre molto attenti a ciò che desiderate). Per liberarvene, bisognerà soddisfare delle condizioni che appaiono chiaramente su schermo, ma in alcuni casi, se la sorte sarà magnanima con voi, non ne sentirete minimamente il bisogno.

Un ruolo simile lo hanno i parassiti, che sono in sostanza oggetti migliorativi che si attaccano alla vostra tuta attivando in egual misura handicap più o meno blandi e potenziamenti che possono darvi un discreto vantaggio. In questi casi il fattore fortuna si fa davvero elevato, e starà a voi scegliere se vedere o meno gli esiti di una monetina ideale che può infierire impietosamente sul ciclo che state intraprendendo. Se è vero che si tratta di un aspetto interessante, che stimola il giocatore a improvvisare come meglio può, dall'altra risulta essere poco accettabile per chi vorrebbe fare a meno di ulteriori casualità che si sommano a quelle legate all'apparizione dei nemici e alla conformazione delle aree di gioco.

Di dubbi sul gameplay puro ne abbiamo davvero pochi, e d'altra parte da Housemarque non ci saremmo di certo aspettati un passo indietro, da questo punto di vista. Alcune pesanti limitazioni sono però presenti nel design dei livelli, e ciò è principalmente colpa della generazione procedurale, che necessita di ambienti controllati per poter funzionare al meglio. Spiace dunque constatare che i biomi di Returnal sono essenzialmente delle enormi stanze a compartimenti stagni unite da portali, ossia segmenti di una struttura che in un gioco moderno del genere risulta essere desueta. 

Ve ne renderete ancora più conto quando tenterete di andare oltre i perimetri piuttosto ristretti entro cui potrete muovervi, testimoniando in prima persona una congenita arretratezza dovuta ad alcune scelte a monte che potrebbero non incontrare il favore di tutti. Parliamoci chiaro: per ciò che si propone di fare Returnal, l'opzione adottata è corretta e ha assolutamente senso, ma il compromesso raggiunto mostra il fianco a delle incertezze che non gli consentono di spiccare il volo. Si tratta del loro gioco migliore, e anche della prima grande sorpresa per PlayStation 5, a cui i nuovi utenti devono assolutamente dare una chance.

DualSense e cuffie Pulse 3D

Tecnicamente Returnal dimostra di avere una buonissima solidità, mantenendo i 60 fps senza mostrare mai cali evidenti, anche quando su schermo il caos impererà sovrano. Il ray tracing ci ha convinto decisamente meno, e al di là dello spettacolo dei particellari e delle scie luminose dei proiettili che si riflettono sui terreni, gli effetti sulla tuta di Selene e su diversi elementi dello scenario sono qualitativamente inferiori alle attese. Grandissima enfasi è però stata posta sul supporto al DualSense e alle cuffie Pulse 3D. Il pad ha un uso intelligente del grilletto adattivo di sinistra, che si abbassa con morbidezza a metà corsa per consentire di mirare, mentre presenta un evidente scalino per l'altra metà, che permette l'attivazione del fuoco secondario.

Non è mai capitato di cadere in errore, e ciò testimonia come la scelta sia stata decisamente oculata e attenta. Il feedback aptico restituisce sensazioni che solo Astro's Playroom è riuscito a darci in modo così convincente: dal picchiettare della pioggia che si sente quasi dipanarsi attraverso le nostre mani, fino ai colpi diversificati, quelli subiti e a tutte le micro azioni compiute da Selene, l'impatto ci è apparso dannatamente convincente. E francamente l'esperienza di gioco risulta essere molto coinvolgente.

Se a ciò aggiungete il fatto che Housemarque e Sony hanno lavorato a stretto contatto anche sul comparto audio, sfruttando al meglio la tecnologia Tempest 3D AudioTech, capirete quanto Returnal abbia puntato con forza a tirare il giocatore dentro al suo mondo infido e imprevedibile. in cuffia sentirete i passi pesanti sui diversi terreni, i suoni sordi e i versi degli alieni, le esplosioni avvolgenti e i riverberi delle basse note abissali proveniente dal grande vuoto cosmico. Udirete in modo completamente diverso e finalmente chiaro le peculiarità di ogni bocca da fuoco e potrete persino avvertire la presenza di un nemico che si trova alle vostre spalle, reagendo con prontezza ed efficacia nella maggior parte delle situazioni. Da questo punto di vista, unendo le caratteristiche degli accessori PS5, siamo di fronte a un nuovo standard per la fruizione del videogioco.

Se volete immergervi pienamente nel mondo alieno di Retunal, vi consigliamo di acquistare le cuffie Pulse 3D di Sony a questo indirizzo.

Voto Recensione di Returnal - Recensione


8

Voto Finale

Il Verdetto di SpazioGames

Pro

  • Sistema di gioco appagante, solido e avvolgente

  • Non aiuta il giocatore, non è per nulla indulgente e premia l'abilità del singolo

  • Narrativa stimolante...

Contro

  • ... Che non riesce a dare tutte le risposte, né ad appaiarsi alle grandi produzioni Sony

  • La generazione procedurale, come sempre, presta il fianco ad alcuni evidenti limiti di design dei livelli

  • Qualche casualità di troppo influisce negativamente sul corso delle partite, dimostrando che i rischi sono maggiori dei benefici

Commento

Returnal ci ha tolto tutti i dubbi che aleggiavano attorno all'opera durante le fasi promozionali: dopo aver esplorato a fondo i biomi, aver affrontato orde di creature e scoperto buona parte dei segreti che si annidano su Atropo, possiamo dire senza indugio che si tratta dell'opera di Housemarque che osa più di tutte. Lo fa sia a livello narrativo, prendendosi non pochi rischi, sia per quanto riguarda il sistema di gioco, che è poco indulgente e per nulla amichevole col giocatore, facendolo sentire perduto tanto quanto la protagonista. Al di là di alcune conclamate problematiche legate al procedurale, a colpire in positivo è la grande padronanza nel gestire tutte le dinamiche e le micro e macro meccaniche di gioco che compongono il gameplay, che è la summa di tutto ciò negli anni ha mostrato lo studio finlandese.
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