Più Microsoft compra, meno tu spendi (e più giochi)

Cosa cambia nelle nostre vite da videogiocatori e quali sono ancora i nodi da sciogliere

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a cura di Paolo Sirio

Adesso che è ufficiale, possiamo prenderci un minuto (qualcuno in più, ahimè la nuova versione di SpazioGames fa spoiler su questo argomento) per discutere di un argomento sul quale in tanti ci avete chiesto chiarimenti o semplicemente un parere: quale sarà l'effetto a lungo termine dell'acquisizione di Bethesda, per meglio dire dell'intero conglomerato ZeniMax Media, da parte di Microsoft?

All'arrivo della notizia di questo abboccamento inaspettato, non avevo usato mezzi termini: Xbox + Bethesda = fine della console war. Ovviamente, ciò non voleva e non vuol dire che Microsoft abbia vinto una battaglia o una guerra con un particolare competitor, ma che la casa di Redmond ne sia totalmente uscita, addivenendo saggiamente ad un piano del tutto diverso su cui, almeno ad oggi, non ha concorrenti validi.

Ma, se questo è il quadro “corporativo” che si sta delineando, quali saranno le conseguenze di una manovra di una simile portata ai piani alti per i videogiocatori? Al di là delle valutazioni dei massimi sistemi, a noi cosa cambia? La risposta è molto più semplice di quanto non sembri, e include persino dei nuovi strumenti con i quali possiamo influenzare il futuro dell'industria – in un senso, finalmente, positivo.

Acquisizioni = risparmio

Quando una compagnia si ritrova in qualche modo “costretta” a cedere il proprio business, non c'è granché da esultare, se non per il fatto che da lì in poi, teoricamente, potrà lavorare con più serenità e mantenere posti di lavoro che altrimenti sarebbero finiti sperperati. Tuttavia, nel gaming, il mosaico che sta andando via via componendosi ci dice che è meglio che certe acquisizioni vengano portate a termine da taluni player anziché da altri, dalla prospettiva pura e limpida dei giocatori.

Facendo nomi e cognomi, è meglio che un accordo del genere sia stato firmato con Microsoft che con Sony o Google. Bethesda in Sony avrebbe voluto dire tagliar fuori una fetta importantissima di giocatori, non soltanto su Xbox e Nintendo ma anche su PC (non sappiamo ancora per quanto, ma ad oggi è prevalentemente così), mentre in una Google emblema del “nuovo” che avanza, come abbiamo visto di recente, avrebbe significato un'incertezza persino maggiore rispetto alla condizione di partenza.

Quando il platform owner americano fa un'acquisizione, invece, la prima conseguenza è che i titoli della compagnia assorbita finiscono fin dal day one su Xbox Game Pass, con un risparmio sensibile per i videogiocatori che si ritrovano ad acquistare titoli di spessore non più agli 80 euro minacciati da questa generazione ma al costo di 10 euro al mese o poco più; la seconda è che quei giochi si ritrovano a far parte di un'ecosistema più ampio e inclusivo, anziché esclusivo, perché ambisce ad arrivare su un numero sempre crescente di piattaforme anziché chiudersi a riccio su se stesso.

Mal che vada, insomma, i titoli Bethesda li giocherete su console, PC e mobile, e – benché gradiremmo che i nodi al riguardo venissero sciolti in tempi celeri – tutto sembra suggerire che la parte più consistente della libreria del produttore del Maryland rimarrà comunque multipiattaforma: un destino che, sotto la (pur legittima) policy PlayStation, sarebbe stato impensabile.

C'è innegabilmente da vincere una resistenza, quella di chi ancora punta tutto sulla copia fisica e non si è nemmeno abituato alla transizione digitale – figurarsi quella del modello “all you can eat” inaugurato da Netflix e seguito a ruota dalle major dell'intrattenimento. L'idea che il contenuto venduto non sia una proprietà ma un lasciapassare alla fruizione trova tuttora l'ostilità di un nocciolo duro, lo stesso che fatica ad acquistare un gioco come un pacchetto di dati da scaricare e non un disco, e Microsoft è a conoscenza di una simile, possibile vulnerabilità nel suo piano.

È pure per questo, oltre che per rifornire continuamente la sua libreria (che, al pari del novero degli studi inglobati, non potrà mai raggiungere un cap dinanzi al quale si fermerà), che Xbox ha alzato il tiro con l'acquisizione di Bethesda: se sui piccoli e sui medi può esserci qualche legittimo dubbio, quanti pensate che resisteranno di fronte alla suggestione di un The Elder Scrolls VI a 10 euro (vogliamo fare 20? Magari in un mese solo non riuscite a finirlo) e non a 80 euro? Una property di questo rango costituisce un gigantesco spot pubblicitario per Xbox Game Pass da un lato, dall'altro l'esemplificazione, visto che altro rimarrà a prezzo spietatamente pieno per anni, di cosa i giocatori abbiano da guadagnare nel pratico dalle spese (poco) folli di Phil Spencer.

Giocare di più e “aiutare” l'industria

I vantaggi di una Bethesda acquisita da Microsoft non terminano qui e innescano un circolo positivo che farà bene sì ai giocatori, in primis, ma anche all'industria stessa. Potreste abbonarvi a Xbox Game Pass per The Elder Scrolls VI e magari, mentre lo portate avanti o alla fine della campagna, ritrovarvi con un mese di sottoscrizione valido per altri 100-200 prodotti di cui non eravate a conoscenza o per i quali non avreste speso 80 euro.

Avendo già fatto l'investimento dell'abbonamento mensile, trovandovi già lì, è molto probabile che giocherete pure quel tipo di titolo più “rischioso” come Deathloop, che potrebbe attirarvi per l'art direction o per una peculiare premessa di gameplay ma non convincervi al punto da inserirlo nei vostri desiderata al day one – e soprattutto, di nuovo, a prezzo pieno.

Proverete Deathloop e magari scoprirete di avere una passione per i roguelike, maturando gusti più nuovi e più vari, e – in una sola parola – ritrovandovi cresciuti come giocatori e cultori del medium; a quel punto, magari, recupererete perle di quel genere che prima non vi filavate nemmeno per sbaglio e/o punterete sui classici di Arkane Studios, questo team di sviluppo che non era mai giunto al vostro orecchio o, se l'aveva fatto, avevate finito (colpevolmente) per sottovalutare.

Il primo step di un indotto positivo generato a beneficio del giocatore non è però l'ultimo: il fatto che un giocatore più consapevole sia aperto a provare cose diverse ha enormi benefici su un intero settore che, sapendo di un pubblico più incline ad osare e di avere una cassa di risonanza maggiore (costituita in questo caso da Xbox Game Pass), oserà da un punto di vista creativo senza il rischio di ritrovarsi sotto un ponte a causa di un flop.

Deathloop e GhostWire Tokyo, per restare nell'alveo di ZeniMax Media, hanno avuto bisogno dei soldi di Sony per avere una percorribilità finanziaria; adesso, Bethesda non ha più l'obbligo di girare col cappello in mano – e accettare compromessi come un'esclusività console – per garantire ai suoi team estrosi e meno mainstream il sostentamento necessario all'accensione del semaforo verde, qualcosa che è stato abbastanza evidente dopo la messa in pausa di Dishonored e il buco nell'acqua dell'acclamato (evidentemente solo dalla critica) Prey.

Ovviamente, è bene precisare che, al di là degli individui a cui vediamo spesso riservato poco rispetto, ad un'industria di queste dimensioni e di tali ambizioni può servire una “mano” e non una mano senza virgolette; il consolidamento a cui stiamo assistendo nell'ultimo paio di anni tornerà molto utile a sfruttare, non ad indurre, una crescita che è già in atto a prescindere da come la si colga.

Ma allora dobbiamo esultare?

Mi stai dicendo che dovrei esultare quando una megacorporazione acquisisce un'altra megacorporazione? Ovviamente no, e c'è una serie di ragioni per le quali – fatte le valutazioni oggettive riguardo a quello che i giocatori, in quanto consumatori, hanno da guadagnarci – è bene tenere a mente e scomporre alle cose più basilari possibile quanto è accaduto con l'acquisizione dell'intera ZeniMax Media da parte di Microsoft.

Prima di tutto, più “indipendenze” ci sono, meglio stiamo. In qualunque settore, è non solo sacrosanto, ma anche di grosso beneficio che ci siano più voci e più campane da sentire; ognuna con la sua visione del mondo e del business, non inquadrata necessariamente in una delle sfere d'influenza che vanno per la maggiore, aka hanno più soldi da investire perché siano più rumorose delle altre.

Nei videogiochi, un ragionamento del genere è difficile da portare avanti perché, come settore, si ha una base d'utenza che in gran parte dei casi si comporta come versioni infantili degli ultras: Microsoft ha acquisito Bethesda, tiè! Sony ha acquisito Insomniac Games, tiè! E ricordo ancora quando, dopo l'annuncio del “cambio di casacca” di ZeniMax Media, qualcuno aprì una petizione per chiedere a PlayStation di acquistare Konami semplicemente per rispondere a questo attacco frontale.

Insomma, i fan di Xbox oggi (domani saranno quelli di Sony, per un po' sono stati quelli di Stadia, e via discorrendo) stanno esultando come esulterebbero gli appassionati di una squadra di calcio nel sentire dell'acquisto di Leo Messi. Mentre nel calcio una manovra del genere non sortisce effetti deleteri – se una squadra vince o perde e non si scioglie in base al risultato di un anno –, il gaming e l'intrattenimento in generale presentano però equilibri delicati, in quanto aree dalla venatura culturale e dall'influenza sempre più spiccata.

Poiché adesso Bethesda si è unita a Microsoft, abbiamo potenzialmente perso una visione differente del videogioco, considerando che magari quel publisher non credeva nel business model degli abbonamenti e aveva un piano decennale che avrebbe spinto in un'altra direzione. E un mercato di qualunque genere che perde una voce è un mercato inevitabilmente più povero.

E, a proposito di modelli, c'è da capire in più dove porterà quello di Xbox Game Pass: se avrà pure lui un suo The Last of Us Part II – non necessariamente per l'impostazione single-player story-driven, quanto per l'ambizione e i valori produttivi – o si limiterà, stando bene o male a quanto capitato tra la coda della passata e l'inizio della nuova generazione, a produzioni medie da mandare in pasto e ingurgitare il più rapidamente possibile. Gli indicatori sembrano dire altro, cioè che grandi team stiano venendo acquisiti per fare grandi cose, ma la sfida next-gen del servizio è chiaramente questa.

In conclusione

Al netto di considerazioni industry appassionanti ma che lasciano poco di concreto tra le mani, il mio invito è a contare i soldi in tasca e pensare a quante perle sfornerà Arkane Studios (così come Ninja Theory, così come Obsidian Entertainment...) senza il rischio che siano le ultime. Quando penso ad un'acquisizione di Microsoft, la mia mente va subito lì ed è un posto che mi rende felice: un posto in cui l'industria è più sostenibile e i giocatori, semplicemente, giocano di più e meglio.

Siamo agli albori di un'era non necessariamente migliore ma senza dubbio diversa, e sarà bene che, come stampa e come giocatori, teniamo gli occhi aperti per accertarti che tutto vada come può andare: negli interessi nostri e del medium che custodiamo gelosamente. La palla adesso passa agli altri e sarebbe bello se continuasse a girare: se ci fossero nuove visioni, possibilmente alternative, per portare ancora una volta il settore avanti.

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