PES cambia per non sparire, ma quanti dubbi su eFootball

Come Konami si è sbarazzata del suo marchio più importante per competere non solo con FIFA, ma pure con Fortnite

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a cura di Paolo Sirio

Ci vuole fegato per fare quello che ha fatto Konami con PES, e probabilmente quel pizzico disincanto che è lo stesso con cui il gigante di Tokyo, negli anni, si è buttato alle spalle brand di successo come ISS Pro, Winning Eleven, e un’altra decina che i giocatori dell’era moderna neppure conoscono (proprio in virtù di quello stesso fegato).

PES non esiste più, lunga vita a PES. Con l’annuncio di ieri si è aperto il regno di eFootball, un nome con cui il publisher nipponico punta ad affermarsi come originale e unico “calcio virtuale”, e al quale abbiamo avuto la possibilità di abituarci negli anni di affiancamento proprio al marchio che tanti innamorati aveva (non c’erano dubbi su questo e sulle reazioni del popolo di Internet) sparsi per tutto il mondo.

Ma, diversamente dalle innumerevoli altre volte in cui Konami ha giocato con le denominazioni in maniera più o meno comprensibile, stavolta lo switch ha tutti i crismi dell’epocale perché non si ferma al nome: quello appena presentato è un cambiamento nella fruizione e nella struttura stessa del gioco di calcio che ha fatto appassionare intere generazioni, progettato appositamente nel tentativo di farne appassionare di altre.

Un cambiamento che legittimamente spaventa ma che, parliamoci chiaro, non è rivolto a voi se siete tra quelli che non l’hanno preso bene.

Anni 2020

PES cambia per non sparire, e lo fa inevitabilmente a causa delle pressioni esterne che arrivano dai competitor. Un aspetto da non sottovalutare è che i competitor in questione non sono più soltanto quelli che vendono un prodotto nella stessa categoria, ma quelli che si contendono il tempo dei consumatori a suon di intrattenimento delle tipologie più disparate.

Nel tempo abbiamo raccolto incuriositi le dichiarazioni di dirigenti come Maurizio Arrivabene, al tempo team principal della Scuderia Ferrari, quando affermava che la Formula 1 come sport avrebbe dovuto adeguarsi alla modernità sotto il profilo contenutistico per competere non più con le altre discipline ma con la PlayStation.

Ancora, un altro dirigente dell’area sabauda come Andrea Agnelli ha gettato la maschera di recente puntando il dito contro Fortnite, ma non stigmatizzandolo come siamo soliti fare, bensì affermando di volerlo prendere quasi quale esempio per poter permettere al calcio di batterlo – di conquistarsi le attenzioni di quelle fette di pubblico che lo stanno preferendo sempre di più ad una partita di Champions League.

L’aspetto “gioco” del calcio è qualcosa che il calcio stesso sta approfondendo, non senza critiche dei nostalgici e dei fedelissimi delle regole, attraverso innovazioni che sono state tentate e non sono andate a buon fine, come il fantacalcio della Super League, e altre che saranno provate, tra cui il regolamento rivoluzionario in fase di test presso la FIFA proprio per avere un maggiore appeal nei confronti delle nuove generazioni di appassionati (tempo di gioco effettivo, due tempi da mezz’ora, rimesse coi piedi, sostituzioni illimitate…).

Non è una coincidenza che la Formula 1 stia passando per rivoluzioni simili: dal prossimo anno saranno implementate nuove vetture (tra le altre cose) più leggere che consentiranno più sorpassi, per gare più spettacolari che non si decidano esclusivamente ai box ma in pista, e già da questa stagione è partita la sperimentazione sulle Sprint Race, in pratica una seconda corsa con cui sostituire le “noiose” qualifiche del sabato.

Insomma, letto in un contesto del genere, il grande cambiamento di PES, pardon eFootball è soltanto uno dei tanti modi con cui lo sport si sta adeguando alla sfida dei contenuti improntata e portata avanti con successo dai nuovi miliardari (magari lo erano già, ma adesso stanno incassando in una maniera diversa e molto interessante per chi ha sempre snobbato il gaming come industria) quali Epic Games.

C’è la volontà di abbracciare i giovani (i giovani reali, non gli ultratrentenni che sono tali solo in Italia), che leggono da qualche tempo il videogioco come un prodotto gratuito – in una fase nella quale si punta agli 80 euro, forse per via del calo dei paganti, c’è un’intera generazione che non capisce perché un gioco dovrebbe essere proposto a pagamento – e continuativo nel tempo, ma anche come orientato alla sfida progressiva e contro altri giocatori.

Da questi ultimi due parametri nascono le idee (per niente rivoluzionarie, sia chiaro) del Match Pass e della specie di soft launch di inizio autunno, con cui Konami partirà sfruttando soltanto il “PvP” e cioè le sfide con gli amici o con estranei incontrati nel matchmaking: nel mirino non c’è più il pubblico maturo di PES, vendendo al quale si è arrivati ad una sorta di cap che avrebbe mantenuto evidentemente lo status quo con FIFA davanti e il resto ad inseguire, ma una fetta di mercato che a quanto pare non si era riusciti a raggiungere con il simil-FUT myClub.

La sfida tecnica e finanziaria con FIFA, perlomeno se giocata nel campo in cui ha voluto portarla Electronic Arts, non era più sostenibile e questo ha indubbiamente contribuito ad un reset tecnico completo, al modello degli update senza uscite annuali, al focus sulle microtransazioni che c’è una buona probabilità faranno guadagnare molto più del tradizionale pacchetto tripla-A.

eFootball assume questa forma per competere in un ambiente votato ai service game e ancor di più a quelli gratuiti, e così facendo andrà a scontrarsi non più soltanto con EA Sports, a cui mette sul piatto una calling card a lui più congeniale – in sostanza, anziché alzare semplicemente bandiera bianca, Konami sta cambiando campo per divincolarsi da una contesa che non avrebbe mai potuto dare i frutti sperati o avrebbe continuato a condannarla ad una seconda posizione poco gratificante.

Gratuità e gioco cross-platform, in particolare, saranno due temi sui quali EA dovrà cominciare a dare risposte: se sul primo la passione dei videogiocatori dovrebbe garantire di non avere grossi problemi (FIFA è FIFA, anche se costa 80 euro in più rispetto all’altro gioco di calcio, e continuerà ad esercitare il suo appeal su quelli che già lo subiscono), il cross-play è una dinamica che il publisher californiano si ostina a non affrontare e la cosa potrebbe ritorcerglisi contro abbastanza presto.

Il nuovo tentativo passerà per l’unificazione del pubblico mobile (che già esiste, per la serie, dopo anni di uscite pure piuttosto buone da un punto di vista qualitativo) con quello casalingo; qualcosa che aveva già premiato Nintendo con Switch – curioso che sia stata esclusa dalla lista delle piattaforme supportate, considerando il passaggio ad Unreal Engine - dopo la ripresa eccezionale di 3DS e il flop di Wii U, e che sta provando persino Microsoft sfruttando l’onda lunga del finto agnostico cloud gaming brandizzato Xbox.

Chiaramente, la scelta di un nome diverso dall’acronimo di Pro Evolution Soccer, che oggi viene vista come fin troppo audace, è un modo per salvaguardarlo: non dovesse funzionare questo esperimento – ipotesi che troviamo abbastanza remota, contando spese e resa –, si potrà sempre dire ok, torniamo al prodotto retail tripla-A e far sì che quel prodotto sia di nuovo PES, perché PES è sempre stato quello (pure quando aveva un’iterazione mobile, era PES Mobile, o quando c’era la versione gratuita, era PES Lite, non soltanto “PES”) e non quanto giocheremo in autunno.

Ma i dubbi restano (e non sono pochi)

L’accoglienza riservata all’annuncio di eFootball è stata prevedibilmente piuttosto negativa. Del resto, abbiamo parlato finora di cambiamento epocale e questo cambiamento sta venendo proposto allo zoccolo più duro dei videogiocatori di calcio su console e PC, quelli che puntano ogni anno alla simulazione purissima e che per di più sono appassionati ad un certo tipo di esperienza sportiva – pure allo stadio o in TV, in genere è noto l’accostamento di PES alla Serie A e FIFA alla Premier League.

In tal senso, lo sconforto di un pubblico dall’età media piuttosto alta e dalle esigenze peculiari, che ha dimostrato sempre una certa ritrosia alle svolte tecniche all’interno del gioco (banalmente, un aumento del ritmo delle azioni), è comprensibile; esattamente com’è comprensibile che Konami voglia in qualche modo liberarsi di questa zavorra, quantomeno affiancando il suo mercato storico ad uno nuovo che apprezzi certe logiche “grindose” e soprattutto abbia una propensione a passare del tempo in dinamiche che prevedano una spesa superiore rispetto all’1v1 con l’amico sul divano.

Il pubblico storico dell’editore giapponese vede in questa comunicazione un ennesimo segnale di resa di Konami rispetto al gaming tradizionale: la botta si sente di più adesso a confronto con uno o due anni fa perché arriva in un momento che pareva di graduale ripresa, in un’analisi che preveda come declino e ascesa la presenza nel ramo dei tripla-A, con il bel colpo di GetsuFumaDen: Undying Moon piazzato su Steam e l’accordo stretto con Bloober Team presumibilmente per riesumare Silent Hill.

Ma, al di là dei preconcetti, ci sono dei dubbi importanti su eFootball che speriamo vengano chiariti il prima possibile e sono relativi sia all’aspetto della qualità che a quello della quantità. Un gameplay reveal è in programma per agosto, e ci aspettiamo che per allora la formula con cui verrà proposto il nuovo gioco, così come le dinamiche che lo regoleranno “on the pitch” siano più definite di quanto non lo siano oggi.

Come abbiamo accennato, è stata apprezzabile la trasparenza sulla roadmap per quanto riguarda le funzionalità e lo stesso contenuto di tale percorso – che porterà ad un cross-play completo entro l’inverno – apre scenari particolarmente avveniristici per il franchise, grazie ai quali la casa asiatica riuscirà a mettere insieme la platea coltivata su mobile e quello zoccolo duro di cui sopra.

Ma per il resto? Quello che avremo al lancio saranno match locali con appena nove squadre (Juventus la sola italiana) e partite online tra PlayStation e Xbox in due pool separati (PS4 con PS5 e Xbox One con Xbox Series X|S). Non è chiaro se nelle partite online avremo accesso a tutte le squadre di tutti i campionati inclusi al day one, ma sarebbe clamoroso il contrario, in sincerità. L’uscita di inizio autunno potrà essere considerato un vero e proprio soft launch in stile mobile, dal momento che in quella finestra il gioco non sarà disponibile neppure su PC ma solo su console.

Al lancio completo si aggiungeranno anche Steam con tanto di cross-play con le console (stavolta in un unico pool, quindi tutti contro tutti allegramente), una modalità di Team Building in cui costruire la propria squadra acquistando giocatori – è legittimo aspettarsela come un mix di myClub e Master League – e una modalità Campionati Online in cui scendere in campo con la nostra squadra e competere a livello mondiale.

In questo secondo troncone sarà integrato il Match Pass, con cui guadagnare oggetti e calciatori giocando a eFootball. Sarà questo, chiaramente, lo strumento che permetterà al gioco di essere redditizio per l’etichetta giapponese, ma non ci è ancora dato sapere come funzionerà nello specifico: se sarà stagionale o meno e, se sì, quante stagioni avrà, cosa prevederà lo sblocco dei contenuti, se ci sarà un pass gratuito e uno a pagamento, se sarà tutto a pagamento…

In questa fase, in tanti si chiedono cosa si pagherà e cosa no, anche se l’impressione è che tutti i contenuti della roadmap saranno gratis ad eccezione di una parte almeno del Match Pass; andando dietro agli altri service game, quest’ultimo dovrebbe essere riservato alla personalizzazione estetica o comunque alla customizzazione dell’esperienza, e non dovrebbe intaccare il core loop costituito dalle modalità tradizionali ma stavolta con un focus assai spinto sul multiplayer online.

Di certo, uno shock del genere potrebbe essere quello che serviva per aggiornare un’offerta di modalità stagnante da anni: myClub ci siamo sforzati di capirla ma, come abbiamo sottolineato nelle nostre ultime recensioni, ci è sempre parsa come una scopiazzatura di FIFA Ultimate Team complicata all’inverosimile giusto per evitare che le somigliasse troppo, mentre pure l’iconica Master League (che arriverà in una data non precisata ma sarà un DLC a pagamento) ha perso la sua verve dietro una gestione del mercato irrealistica, e un’esperienza fin troppo statica e poco manageriale.

Se per ora il tema delle modalità è a scatola chiusa, il gioco in sé ci ha già fornito un primo assaggio ed è questo che ci inquieta più di ogni altra cosa: la grafica, il gameplay e le animazioni sembra proprio che saranno quelli del test di poche settimane fa e così fosse, non ci fossero dunque sconvolgimenti importanti in vista del famoso reveal di agosto, saremmo per tanti versi di fronte all’ennesimo sperpero del lavoro di recupero fatto negli ultimi anni.

La cosa, che sa di déjà vu dopo l’ultimo paio di transizioni generazionali disastrose di Konami, sarebbe abbastanza inspiegabile visto quanta fatica è costato a PES il ritorno ai fasti di un tempo e per molteplici aspetti il sorpasso in materia di giocabilità tra 2020 e 2021 nei confronti di un avversario gettonatissimo come FIFA. Questo sarebbe il problema più grosso di tutti, su cui speriamo di essere smentiti, perché senza gioco non c’è piattaforma che tenga.

In conclusione

La sterzata molto decisa di Konami su PES è destinata a far discutere, nonostante rappresenti l’inizio di un viaggio solo digitale e in continua evoluzione che richiederà anni per dispiegare il proprio pieno potenziale. Un po’ come Fortnite e i service game cui siamo stati assuefatti dalla scorsa generazione di console, ai quali eFootball punta con decisione per «superare i limiti di PES», usando le parole dell’editore, e aprirsi una nuova strada.

Quello che fu il gigante di Metal Gear, di Silent Hill e di Castlevania (e che chissà un giorno non troppo lontano non possa tornare ad esserlo) è consapevole di quanto sia audace la sua mossa, di quanto stia rischiando di inimicarsi il proprio pubblico, ma non è la prima volta in cui lo fa e ha le spalle abbastanza grosse da reggere il conseguente urto mediatico se questo ne attirerà uno nuovo. Lecito, a patto che non comporti un’eccessiva diminuzione dei valori produttivi, e ci riferiamo in particolare al gameplay, rispetto alle uscite premium.

Gratuità e cross-play saranno i capisaldi di un eFootball che è cambiato così tanto da rinunciare alla sua denominazione storica, ma in tempi come questi cosa non è cambiato, e cosa non cambierà ancora? La modernità in cui i videogiocatori si sono ritrovati forse senza neppure rendersene conto presenta sfide diverse e, per quanto possa essere doloroso e per quanto sia il caso di incrociare le dita, soluzioni diverse dal passato di Winning Eleven.

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