God of War Ragnarok e il mito norreno: quale crepuscolo per Asgard?

God of War Ragnarok è ormai avviato verso un inevitabile crepuscolo degli dèi norreni… ma non è sempre la stessa storia?

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a cura di Adriano Di Medio

Redattore

Siamo stati quasi due anni ad aspettare, tra titoli non ufficiali divenuti ufficiali, trailer spoilerosi e condotte moleste dei fan verso le sviluppatrici, e alla fine eccoci qua: finalmente abbiamo saputo che God of War Ragnarok uscirà il prossimo 9 novembre su PlayStation 4 e PlayStation 5 (trovate su Amazon i preorder).

Tutte cose che su queste pagine abbiamo già abbondantemente documentato, quindi se volete emozionarvi di fronte ai trailer e sognare di hype davanti all’unboxing delle edizioni speciali andate su altri pezzi (questo e questo, ad esempio).

Oggi, invece, siamo qui per metterci la cravatta dei fan accaniti e riflettere su cosa significherà davvero il Ragnarok per la saga di God of War.

Attenzione: questo articolo contiene spoiler minori sulla saga di God of War, sia dell’era greca che di quella norrena.

Un giorno di impresa per una vita intera di rimpianti

Come ogni riflessione, anche la nostra deve partire dalle basi: i fan di God of War sono già stati testimoni della caduta di un pantheon. È avvenuta nel 2010 con God of War III.

God of War III fu un videogioco che, pur se pieno di difetti, è stato epico come poche altre cose, foriero di un impatto talmente esplosivo da essere persino difficile da spiegare a parole.

Dopo l’esordio del primo capitolo e la preparazione del secondo, il terzo God of War portava Kratos alla fine della sua tormentata vendetta nei confronti dei crudeli dèi greci. 

In un’avventura a metà tra la montagna russa e la boss-rush Kratos faceva sprofondare la Grecia nel caos ma allo stesso tempo liberava l’umanità dal corrotto giogo dell’Olimpo.

Un gesto epico intriso di una cattiveria e una violenza ormai divenute proverbiali, di cui abbiamo visto le conseguenze nel God of War del 2018. In questo sequel-reboot della saga abbiamo ritrovato un Kratos alla disperata ricerca della propria umanità perduta, prosciugata proprio dalla sua più grande impresa.

Con Kratos è sempre tutto un crepuscolo

Da quanto possiamo vedere sia nel videogioco del 2018 che nei trailer finora diffusi, per Kratos pare proprio impossibile riuscire a lasciarsi dietro il proprio fato.

Come da titolo, in God of War Ragnarok lo spartano e suo figlio Atreus si ritroveranno a fronteggiare un altro crepuscolo e la caduta di un altro pantheon, ovvero quello degli dèi norreni. E stavolta è un destino ancor più ineludibile, per un fatto ancor più banale: il mito della fine degli dèi norreni è scritto direttamente in quello che è giunto fino a noi.

In effetti con Ragnarok i Santa Monica Studios sembrano essersi infilati in un corridoio ancor più stretto di quello che si erano scavati ai tempi della saga greca.

L’ultima parte di quest’ultima è infatti un’invenzione originale (non ci è tramandata una fine dei tempi per gli dèi greci), seppur partita da precisi riferimenti mitologici e letterari.

Tanto che, pur riconoscendone l’impatto, una delle principali critiche rivolte alla narrativa di God of War III era il suo svolgersi in maniera perlopiù prevedibile, salvandosi solo nel finale con un epilogo non banale.

God of War Ragnarok: se vuoi la pace, prepara la guerra

Quindi, come possono i Santa Monica evitare quella che si preannuncia solo come un’altra sequela di scontri “divini”?

La soluzione a questa domanda potrebbe arrivare nientemeno che da quel vecchio adagio latino che dice si vis pacem para bellum, ovvero “se vuoi la pace prepara la guerra”, già suggerito nel 2018 tramite Tyr, ai tempi solo nominato.

Già solo dai trailer finora diffusi è palese come a Kratos non faccia piacere reprimere il figlio e la sua naturale voglia di risposte, ma allo stesso tempo egli sa che quello che Atreus vuole porterebbe solo all’ennesima slavina.

Kratos: «Non permetterò che tu vada a litigare con Asgard».Atreus: «Io non voglio litigare, voglio solo risposte!»

Come da trailer, probabilmente egli si convincerà a partire solo inseguendo la speranza di cercare Tyr e sperare che possa insegnare ad entrambi un modo diverso di “essere un dio della guerra”.

Anzi è nostra opinione che, se a Santa Monica Studio non fossero stati costretti per motivi di marketing ad ammettere che Tyr è ancora vivo in God of War Ragnarok, tale rivelazione sarebbe stata assai più d’impatto.

Malgrado sia stato introdotto solo di recente nella sagA, questo personaggio ha infatti in breve tempo acquisito un peso enorme. Il motivo principale di tale evento sta appunto nel suo incarnare un ideale diverso di “dio della guerra”, ovvero uno che fosse razionale e che sapesse portare pace e insegnare a usare il conflitto in maniera costruttiva.

A prima vista possono sembrare concetti troppo moderni per un contesto storico-mitologico, ma così non è; anzi, per la saga non è neppure niente di nuovo: era esattamente quello che faceva Atena.

Non a caso anche nel mito originale Ares è il dio che rappresenta gli aspetti più feroci e istintivi della guerra, Atena invece quelli più manipolativi, politici, astuti ma anche saggi, diplomatici e pacifici.

Dopo esser regredito a natura ferale con lo scriteriato patto stretto con Ares, Kratos sceglieva Atena come nume tutelare per recuperare la potenza della conoscenza. 

God of War Ragnarok: runa o simbolo dell’omega?

Ciononostante, uno dei cambiamenti più evidenti che abbiamo visto in Kratos è il suo percorso per diventare più consapevole di quello che lo circonda e che lo porta a preoccuparsi dei destini degli altri e degli umani più in generale, cosa però controbilanciata dalla sua aperta ostilità nei confronti del divino (da cui possiamo dedurre che ha fatto pace con se stesso ma ancora non ha smesso di odiarsi).

In God of War del 2018  infatti Santa Monica gli aveva messo in bocca frasi poco equivocabili, come il suo essere d’accordo che «la natura degli dèi è fare del male» oppure che «gli uomini non dovrebbero adorare dei mostri».

L’altro indizio viene, come già avevamo speculato qualche anno fa, dal logo del gioco. A partire dal 2018 il marchio è stato infatti ridisegnato sostituendo l’Omega greca con una runa rossa, molto simile ma diversamente giustificata anche nel contesto (Freya la traccia come protezione su Kratos e Atreus).

Nel primo gioco era rossa, in God of War Ragnarok abbiamo visto che sarà blu.

Nuovamente, dobbiamo considerare che non si tratta di una scelta cromatica casuale o puramente estetica.

Il rosso (colore caldo) può essere l’estate del primo gioco che poi muta nell’azzurro (colore freddo) del Fimbulvinter. Ma c’è dell’altro: rosso e azzurro erano colori ricorrenti già ai tempi di God of War III.

Lì il rosso era associato alla furia e alla vendetta, ma proprio nel finale si trasformava nel celeste-blu, assurto quindi a simbolo di una speranza bruciante riemersa dagli strati del rimorso.

Possibile che, in God of War Ragnarok, Kratos reincarni nuovamente il ruolo di inconsapevole portatore di speranza e che tramite una seconda morte la doni anche al mondo norreno, lasciando poi ad Atreus il compito di continuare la sua opera?

Per rispondere questa domanda dovremo chiaramente aspettare il prossimo novembre.

Conclusione: il cielo sopra Midgard

Il mito norreno ci dice che, dopo la morte degli dèi e il collasso dei Nove Mondi, due esseri umani sarebbero sopravvissuti aggrappandosi a Yggdrasil, il frassino dell’universo.

I nomi dei due sono Leif e Leifthrasir (scusate se manca qualche accento o umlaut), e l’ultima immagine tramandata è che tale coppia avrebbe ritrovato nella neve le pedine con cui giocavano gli dèi dipartiti. 

A parte questo finale tramandatoci (e che non sappiamo quanto e come sarà rispettato), ora come ora non sappiamo (né vogliamo sapere) come sarà il crepuscolo di Asgard secondo God of War Ragnarok.

Dalle rivelazioni specialmente nel finale del gioco del 2018 possiamo già dedurre che la sceneggiatura dovrà fare non pochi salti mortali per far quadrare tutto.

C’è pure chi ha fiutato possibili viaggi temporali, all’apparenza unico modo per far combaciare personaggi altrimenti impossibili da assemblare (uno per tutti: Atreus).

Non scordiamo che c’è del potenziale mitologico anche qui: le sorelle Verdandi, Urd e Skuld (le Norne) hanno a loro volta il filo del destino, oltre a essere l’equivalente delle Parche (Cloto, Lachesi e Atropo) greche, queste ultime già incontrate e debellate da Kratos in God of War II.

Altri, più ottimisti, dicono che al termine della storia Kratos saluterà suo figlio ormai adulto e proseguirà il suo viaggio da qualche altra parte, come l’Egitto (contesto mitologico tra l’altro considerato ai tempi ma poi scartato in favore di quello scandinavo).

Comunque vada a finire è abbastanza probabile che, dopo God of War Ragnarok, Kratos tornerà a dormire.

Quale che sia la decisione finale dei Santa Monica, la sua possibile morte è un’idea che dobbiamo accettare e a cui dobbiamo essere emotivamente pronti.

Se davvero fosse questo il destino ultimo di Kratos e quindi non dovessimo più rivederlo, l’importante è che God of War Ragnarok ne sia il degno testamento, nonché il meritato e orgoglioso addio a quel personaggio che, piaccia o no, era e rimarrà per sempre un’icona del videogioco.