Destruction AllStars su PS Plus è la decisione più sensata per PS5

Scopriamo la prima esclusiva PS5 da PlayStation Studios del 2021

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a cura di Paolo Sirio

Gli abbonati a PlayStation Plus possono portarsi a casa fin da subito, anche senza possedere una console next-gen, la prima esclusiva PS5 del 2021. È un gioco piuttosto diverso da quelli cui ci hanno abituato i PlayStation Studios, una produzione multiplayer firmata Lucid Games che agisce sagacemente nel solco della tradizione di PS1 e di classici come Destruction Derby o Twisted Metal, e porta il nome di Destruction AllStars.

Non è il primo caso in cui Sony cerca modi per ampliare il proprio catalogo in una direzione multigiocatore: è successo di recente con Predator Hunting Grounds su PS4, per fare un esempio, ma anche su PlayStation VR con RIGS (del quale Lucid sembra aver recuperato le suggestioni a livello di direzione artistica, sempre nel solco dell'appariscente Rocket League); finora, quando la casa giapponese ci ha messo bocca, non si sono tuttavia registrati casi di successo, probabilmente per un approdo tardivo in un mercato così volubile qual è quello dei giochi multiplayer, ed è comprensibile un certo scetticismo per il nuovo arrivato.

A differenza di questi predecessori non troppo illustri, però, Destruction AllStars gode di un almeno un paio di benefit non indifferenti che potrebbero (come non potrebbero) renderlo la classica eccezione che conferma la regola, ed è qualcosa che ovviamente ci auguriamo possa dimostrarsi col tempo.

Perché parliamo di “augurarci” e usiamo formule come “col tempo”? Semplicemente perché allo stato attuale, e lo dimostrano gli ultimi grandi fenomeni dell'industria quali Among Us, pronunciarsi su un titolo che potrebbe esser nato in un modo e potrebbe finire in tutt'altra maniera - si tratta di un prodotto online con una natura giocoforza da servizio in continua evoluzione - è parso finora una strategia abbastanza miope che non ha fatto un buon servizio ai lettori, in primis, e in secondo luogo non ha inquadrato bene le potenzialità e lo scopo dei titoli recensiti.

Per questa ragione abbiamo deciso di puntare su un articolo che vi desse subito le nostre impressioni sull'esclusiva PS5, analizzandone i punti in cui brilla e le zone d'ombra del progetto, senza dimenticare da dove (e perché) viene, e accennando alla destinazione cui potrà arrivare, della quale noi siamo completamente all'oscuro ad oggi, in un futuro in cui non dovesse scomparire nel giro di un mese – destino alquanto comune nel mondo online.

Elogio del rinvio

Destruction AllStars era inizialmente programmato per il lancio di PS5, a novembre, dove avrebbe dovuto presentarsi sugli scaffali, digitali e non, al prezzo pieno di 80 euro. Una strategia del genere è parsa suicida fin dal primo istante e, sebbene avrebbe potuto arrivarci molto prima, Sony ha mostrato di seguire e saper leggere la scena del gaming, e di avere tutto sommato buone tempistiche di reazione al feedback per cambiare in corsa una decisione che sarebbe stata francamente difficile da comprendere: questo ha portato al rinvio a febbraio e l'integrazione fin dal day one, celebrato ieri, nell'abbonamento a PlayStation Plus.

Questa è semplicemente la decisione next-gen più sensata che abbia preso Sony, e forse se la gioca pure con quelle degli altri platform owner. Prima di tutto, farlo uscire a novembre lo avrebbe consegnato ad una platea storicamente avvezza ai giochi single-player come uno dei tanti in una lineup di lancio che verteva su Demon's Souls, Marvel's Spider-Man Miles Morales e ci mettiamo pure Sackboy: Una Grande Avventura, titoli single-player appunto dall'appeal notevolmente superiore; questo non gli avrebbe garantito il respiro di cui ha bisogno un prodotto multigiocatore e banalmente un numero sufficiente di utenti che avrebbe non solo potuto popolare i server ma anche dare un senso alla volontà di sostenere il progetto per un periodo più lungo di qualche settimana.

Piazzandolo a febbraio, inoltre, gli si dà la possibilità di “giocare” praticamente da solo: siamo in un momento di transizione nel quale, vuoi per il COVID-19, vuoi per la scarsa reperibilità delle console next-gen, non sta succedendo granché nel mondo dei videogiochi e le uscite sono assai rarefatte; lanciare DestructionAllStars adesso garantisce a Lucid di avere un grado di esposizione, sia presso i media che (soprattutto) nella community, che non avrebbe potuto conquistarsi al day one di PlayStation 5 e che potrebbe essere fondamentale per il suo sostegno a lungo termine – costruirsi una userbase adesso potrebbe voler dire, a patto di averne le capacità e la voglia, mantenerla per un lungo lasso di tempo, fosse solo per i ritorni di tanto in tanto (di stagione in stagione? Vedremo).

In secondo luogo, l'ingresso fin da subito in PlayStation Plus: l'idea iniziale era metterlo in circolazione al prezzo di 80 euro con tanto di microtransazioni, in una fase in cui appare evidente che il mondo del multiplayer sia orientato al free-to-play. Giocandoci, ci si rende subito conto che questo titolo difficilmente potrà mai valere una cifra simile ma, al di là di queste valutazioni che lasciano il tempo che trovano, nel contesto di una lineup di lancio che già aveva i suoi “cavalli vincenti”, sarebbe stato utopistico immaginare che si sarebbe guadagnato una userbase tale da dargli un senso o perfino non rendere complicato il matchmaking (e, sulla scia di tanti insuccessi, sappiamo cosa vuol dire).

Da questo punto di vista, Sony è stata molto brava ad apprendere la lezione che proviene dal suo stesso servizio: i casi di Rocket League e, più recentemente, di Fall Guys insegnano che immettere un prodotto fin dal day one su PlayStation Plus ha ottime possibilità di garantirgli una partenza dall'afflusso di utenti importante e una coda abbastanza longeva, e ignorare questo genere di feedback – che proviene dal tuo medesimo servizio – sarebbe stato miope.

Complice l'ancora scarsa diffusione di PS5, non ci aspettiamo che diventi il gioco più riscattato nella storia di PS Plus, titolo che per ora è ancora saldo nelle mani del suddetto Fall Guys, ma di certo che finisca nelle mani di una gran parte dei 4.5 milioni di consumatori che hanno già fatto il salto generazionale; perché tanti di questi, al netto degli scalper, sono abbonati, perché tanti di questi aspettano il Godot della next-gen nella penuria di giochi che possono davvero definirsi tali e, non ultimo, perché sotto l'operazione commerciale c'è il gioco divertente nell'immediato di cui finalmente vi parliamo adesso.

Destruction AllStars, parliamo del gameplay

Dopo tutte queste considerazioni di natura commerciale più che ludica, è arrivato il momento di discutere del Destruction AllStars pad alla mano. Ci abbiamo passato praticamente un paio di giorni ormai e ci siamo fatti delle impressioni al riguardo, che oscillano da una prima volta quasi straniante ad un'inaspettata voglia di tornarci, che è sempre un indicatore molto positivo quando si parla di videogiochi multiplayer.

L'esordio non è dei più semplici: il gioco ha diverse modalità e tante indicazioni che ti rovescia subito addosso, sia per via scritta che con il doppiaggio (italiano), alcune delle quali non sono immediate; il nocciolo della questione è comunque andare a sbattere il più forte possibile contro gli altri concorrenti nell'arena, ma ci sono diverse sfumature che, anche sulla base di quello che abbiamo visto in-game e letto in giro, non sono state recepite troppo chiaramente finora.

Dopo un primo pomeriggio in cui ci siamo “annustati”, come anticipavamo, abbiamo però avuto voglia di tornarci e questa è a prescindere una buona notizia; capita che ci siano momenti in cui non trovi cosa fare (le arene, a parte un caso specifico, sono forse un pochino troppo ampie) specialmente all'infuori della modalità Mayhem e questo può annoiarti lì per lì, ma è un gioco che, come si dice nel gergo dello sviluppo, ha “trovato il divertimento” e, quando lo mette in atto, ha un core loop leggero che ti cattura.

Lucid Games non si è accontentata di realizzare una sua declinazione di Destruction Derby ma ha pensato di permettere di giocare sia in auto che a piedi, e le due fasi sono complementari. A piedi, dove è possibile apprezzare delle animazioni dalla qualità sorprendente, i giocatori sono chiamati a fare del parkour con tanto di corsa sui muri per reperire delle gemme in grado di attivare i power up del personaggio, uno da usare al volo e l'altro per chiamare la propria auto speciale (nel gioco, ci sono auto usa e getta, da cui entrare ed uscire, magari rubandole a qualcuno, e poi ci sono quelle uniche del personaggio selezionato con tanto di “ultimate”); è una fase rischiosa – si può venire investiti, e in alcuni frangenti ciò porta al ko definitivo – e divertente della partita, e nella modalità Stockpile è peraltro obbligatorio scendere dal veicolo per raccogliere e depositare oggetti in una “banca”, sebbene ci si aspettasse un corpo a corpo più incisivo.

In auto, a suon di turbo, avviene il grosso della magia. L'esclusiva PS5 dispone di quattro modalità multiplayer e una single-player: a parte la Serie Sfida, di cui parleremo tra poco, troviamo Mayhem, Gridfall, Carnado e la già menzionata Stockpile, e sono le prime due che in effetti appaiono avere il peso dell'intero gioco sulle loro spalle.

Mayhem è di fatto un Twisted Metal moderno: mancano armi e una selezione di specialità da cui scegliere (ce n'è soltanto una, cambia in base al personaggio - Genesis ha un boost in velocità, c'è chi lascia una scia di fuoco, chi una nube di fumo - e spesso non è nemmeno particolarmente offensiva), ma l'obiettivo è fare danni ed eliminare il maggior numero di volte i propri avversari o rubare loro l'auto per registrare punti in una classifica cumulativa che, con respawn continui, determina vincitori e vinti in partire mediamente da sette minuti.

Le situazioni che scaturiscono dagli scontri, con i personaggi che esplodono dai parabrezza stile GTA IV o magari premono il tasto eject in tempo, sono simpatiche per definizione – parliamo in fondo dello stesso concetto alla base dell'autoscontro – e la possibilità di rientrare in partita rapidamente, così come di imprimere diversi livelli accessibili di danno, contribuisce a ridurre al minimo il fattore frustrazione e tenerti sempre nel loop. Tant'è vero che ci siamo imbattuti spesso in classifiche molto corte per cui, anche verso lo scadere del tempo, basta assestare qualche ko per vedersi proiettati a ridosso della vetta.

Gridfall è invece un'immancabile last man standing in stile battle royale, in cui i giocatori, all'interno di uno stage dalle dimensioni ridotte che perde pezzi e vede restringersi lo spazio in cui potersi muovere col tempo, devono “soltanto” sopravvivere. Complice la durata media contenuta, parliamo di un paio di minuti per vedere svuotarsi la stanza dal momento che tanto ci si impiega a cadere in una voragine, si tratta di una seria candidata allo scettro di modalità più giocata, nonché quella che potrebbe garantire, magari con qualche variante da trovare lungo la strada, la sostenibilità del titolo.

Nel complesso, il fatto che Destruction AllStars abbia modalità così dissimili tra loro, e abbia incluso fin dal primo istante qualcosa di riconducibile al fenomeno degli ultimi anni delle battaglie reali, lascia immaginare una sua maggiore flessibilità rispetto ad esempio un Bleeding Edge: pure quello era un prodotto “operazione di catalogo” per Xbox Game Pass ma, per la sua impostazione rigida, è rimasto ancorato al DNA di partenza in un campo affollatissimo dov'è difficile spiccare qual è quello dei multiplayer arena. Per com'è costituito, DA restituisce l'impressione di un prodotto che, dovessero andar male le cose al lancio e dovesse esserci l'intenzione di sostenerlo, potrebbe cambiare volto in corsa orientandosi verso i gusti degli utenti già sul gioco o quelli che popolano la concorrenza.

Le altre due modalità sono Carnado, in cui accumulare punti facendo danni o rubando auto e poi spararsi in un vortice che causa (ovviamente!) l'esplosione del proprio bolide, e Stockpile, nella quale scendere dall'auto (attenzione alle arene dinamiche, in cui martelli e ventole giganti possono farti a fette in qualunque momento) per raccogliere ingranaggi e depositarli poi presso le banche avversarie per portarle dalla nostra parte. Queste sono le modalità di squadra del gioco ma, in particolare sulla seconda dov'è importante giocare sull'obiettivo, qui abbiamo recepito una certa confusione nei giocatori, poiché metà o più dei team chiude spesso con un punteggio di zero e abbiamo scorto personaggi spaesati nelle mappe nel tentativo di capire cosa dovessero fare. Siamo chiaramente agli inizi ma questa scarsa propensione a giocare di squadra e la facile fraintendibilità degli stessi obiettivi potrebbero essere un tema.

L'uso che viene fatto del DualSense, per inciso, è sostanzialmente collegato ai soli grilletti adattivi: se reperiamo un auto più pesante, vedremo che L2 opporrà una resistenza maggiore per il freno; non appena avremo un bolide fortemente danneggiato, invece, li vedremo vibrare con insistenza quasi per spingere ad abbandonare la nave e cercarne un'altra. Abituati alle mirabilie del feedback aptico (che scende in campo perlopiù solo a piedi, simulando i passi dei personaggi) la sua applicazione qui potrebbe essere un po' deludente, ma in realtà c'è già chi sta lamentando di non riuscire a disattivare le peculiarità del controller, segno che in un multiplayer giocare semplice su questo tema è forse più un pregio che un difetto.

Come accennato, Destruction AllStars gode di una componente, pur minima, single-player, ed è questo elemento che curiosamente si presta in maniera aggressiva alla monetizzazione. In una sorta di battle pass per giocatore singolo, gli utenti possono partecipare ad una serie di sfide di cui la prima (con sette eventi) è gratuita e gli altri due sbloccabili ora, di cui una per un tempo limitato, sono da pagarsi a parte: una costa 200 PD, l'altra 400 PD, per una spesa totale di circa 7 euro se la matematica non ci inganna ma, ovviamente, solo tagli da 5 euro o 10 euro disponibili per l'acquisto su PlayStation Store.

Questi eventi, con un leggero ingrediente di storia (in genere, raccontano di una rivalità tra due personaggi del cast, ambendo ad approfondirne il background ma in realtà, almeno per la serie che abbiamo affrontato, risultando limitati a due brevi scene d'intermezzo non connesse a particolari velleità di storytelling), sono un rimpasto delle modalità multiplayer più alcune brevi sfide pensate ad hoc, come l'accompagnamento di NPC in un dato punto dell'arena, una rapida corsa a checkpoint o la rottura di box sparsi per la mappa in un dato lasso di tempo.

Una volta completati, con tre obiettivi raggiungibili (uno obbligatorio, cioè la vittoria), contribuiscono con skin ed emote alla componente estremamente basica della progressione; giocando, in single-player o in multiplayer, si riempie una barra dell'esperienza che elargisce monete di gioco, non la valuta premium di cui sopra, all'aumento di ciascun livello. Niente che non abbiate visto in decine di titoli multigiocatore negli ultimi anni, insomma, e questa leggerezza della progressione potrebbe essere un problema sul medio e lungo termine se lo sviluppatore non interverrà per aggiungere dei layer ludici (season?) appaganti per i più competitivi, visto che finora abbiamo giocato per il gusto di farlo e non perché stessimo portando avanti una “carriera”.

In conclusione

All'infuori del discorso della progressione, che è uno di quelli che si costruisce in corsa e ha la potenzialità di cambiare da solo il volto di un gioco, permangono alcuni dubbi intorno all'operazione che soltanto Sony potrà sciogliere: il gioco sarà a pagamento dopo i due mesi su PlayStation Plus? Se sì, quanto costerà? Il giudizio sull'innesto delle microtransazioni passerà per le valutazioni del caso su queste tematiche, sebbene il single-player, che ne esce toccato maggiormente, costituisca una porzione secondaria dell'offerta ludica dell'esclusiva PS5. Un intervento che ci sentiamo di chiedere fin da subito a Lucid Games, invece, è bloccare la chat vocale come impostazione predefinita o permettere ai giocatori di farlo, visto che adesso tocca farlo manualmente dalle Attività per ogni partita: col microfono integrato del DualSense è letteralmente una baraonda ad ogni avvio.

Ciò detto, Destruction AllStars ci ha fatto passare due giornate divertenti e spensierate su PS5, e lo ha fatto senza alcun costo aggiuntivo rispetto all'abbonamento a PS Plus; non è poco, anche se bisognerà far sfumare i giorni dell'uscita e pure quella comprensibile voglia di next-gen degli utenti per comprendere appieno se e come sboccerà questo progetto.

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