Immagine di Capcom Beat'em Up Bundle - Botte dal passato
Recensione

Capcom Beat'em Up Bundle - Botte dal passato

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Informazioni sul prodotto

Immagine di Capcom Beatem Up Bundle
Capcom Beatem Up Bundle
  • Produttore: Capcom
  • Piattaforme: PC , PS4 , XONE , SWITCH
  • Generi: Picchiaduro
  • Data di uscita: 18 settembre 2018 (PS4, Xbox One, Switch) - TBA (Steam)

Era un Nintendo Direct sonnecchioso, con pochi annunci di rilievo, quasi come se gli eventi catastrofici abbattutisi sul Giappone durante la settimana precedente avessero smorzato entusiasmi ed annunci.

Questo almeno fino all’annuncio che ha fatto sobbalzare sulla sedia tutti i videogiocatori “anziani”, quelli che non amano il digital delivery, che hanno i calli sugli indici e adesso, anno più, anno meno, vanno per i quaranta: un bundle con alcuni dei migliori picchiaduro a scorrimento dell’epoca d’oro di Capcom.

La prima reazione, prevedibilmente, è stata “shut up and take my money”, ma come sarà andata la prova sui strada dei sette giochi?

Scopritelo con noi.

Capcom Beat em Up Bundle 03

Un pizzico di storia

Pubblicato per la prima volta nel 1991 in sala giochi e circa tre anni dopo su Super Nintendo, The King of Dragons è un picchiaduro a scorrimento ad ambientazione fantasy, la cui cartuccia di gioco originale, se dotata di scatola, oggi costa poco meno di una vettura usata di medio chilometraggio.

É uno dei nostri preferiti del bundle, perché alla consueta, abbondante dose di mazzate sui denti dei malcapitati nemici, aggiunge un pizzico di progressione ruolistica; da non sottovalutare anche Captain Commando, che condivide l’anno di debutto in sala giochi ma giunse su Super Nintendo con dodici mesi di ritardo rispetto al succitato: anche qui, costi esorbitanti per la cartuccia originale, gameplay che scivola liscio come l’olio e schema di controlli molto simile a quello dell’originale, inossidabile Final Fight.

A proposito, c’è bisogno di introdurre nuovamente Final Fight, lavoro seminale da cui sono germogliate decine di cloni di qualità variabile, nonché uno dei prodotti multiplayer più riusciti e divertenti di sempre?

Crediamo (e speriamo) di no, anche per i lettori più giovani.

Toh, a ben vedere anche Knights of the Round esordì nel ’91, uno degli anni più memorabili per una Capcom in stato di grazia, e, come i suoi fratelli già menzionati, risulta un concentrato di azione ed adrenalina, che, come The King of Dragons, strizza l’occhio al genere dei giochi di ruolo, con un rudimentale sistema di crescita dei personaggi e una maggiore scelta in fatto di armi ed equipaggiamento rispetto ad altri congeneri.

Warriors of Fate può essere considerato un antesignano dei musou, con la sua ambientazione orientaleggiante, mantenuta nella versione occidentale nonostante le differenze a livello di localizzazione e palette cromatica, e saltò la conversione per Super Nintendo (probabilmente per le limitazioni dell’hardware a 16 bit della grande N) per sbarcare solo su Saturn e sulla prima Playstation.

Le due chicche di questo bundle sono, però, Armored Warriors e Battle Circuit, al debutto assoluto su un sistema casalingo: il primo, datato 1994, fu sviluppato per la scheda CP System II, con dei mech come protagonisti e con la succosissima possibilità di upgradare e cambiare a piacimento molte parti dell’esoscheletro, ottenendo effetti e potenziamenti sempre differenti tra loro.

Il secondo, che è anche il titolo più recente della compilation (1997), debuttò anch’esso su CPS II e strabiliò non solo per l’impatto grafico, che aveva raggiunto il culmine dopo anni di onorata carriera della scheda da sala di Capcom, ma anche per un multiplayer fino a cinque giocatori perfettamente integrato nel gameplay, tra botte e dischi di upgrade con cui equipaggiare i propri personaggi.

Ognuno di questi titoli, pur molto simili tra loro, meriterebbe una breve recensione a sé, tanto per l’impatto storico ai tempi della loro uscita quanto per l’immediatezza delle meccaniche di gioco, rimaste terribilmente divertenti anche oggi, a poco meno di trent’anni dalla prima pubblicazione.

Stessa scheda, stesso mare

Il titolo del paragrafo contiene un riferimento nemmeno troppo velato al fatto che molti di questi giochi segnarono le estati non solo di chi scrive ma anche di almeno un paio di generazioni di videogiocatori, perché la presenza di almeno uno di loro (Final Fight su tutti, ma anche Captain Commando non scherzava in quanto a popolarità) era assicurata nel lido di fiducia, che si scegliesse il litorale romagnolo o quello pugliese.

Descrivere il gameplay di questi titoli è, nel contempo, semplicissimo ed estremamente complicato: semplice perché la struttura di gioco, invariata per ognuno dei prodotti contenuti in questo bundle, prevede, banalmente, di avanzare da sinistra a destra (con rarissime e scriptate eccezioni) falciando tutto ciò che ci si para dinanzi a suon di mazzate, spranghe nei denti e colpi di staffa, come nella più classica tradizione dei picchiaduro a scorrimento.

Il difficile, però, è spiegare a parole l’adrenalina che sale quando si viene a capo di un boss con l’aiuto di un compagno (rigorosamente in co-op locale, sebbene qui sia permessa anche quella online), la soddisfazione che deriva dal prendere a martellate nelle gengive l’ennesimo pappone, oppure dall’uscire da uno scontro impari con mezzo centimetro di barra dell’energia residua.

Con questi ed altri titoli, colpevolmente assenti (Cadillac and Dinosaurs su tutti, ma anche Alien vs Predator e The Punisher avrebbero meritato l’inclusione), Capcom codificò un genere che, sebbene non scoppi di salute al giorno d’oggi, ha reso felici milioni di videogiocatori a tutte le latitudini, grazie ad un gameplay efficace e divertente, tremendamente trasversale nel suo coinvolgere giocatori di tutte le età e abilità.

Ognuno dei prodotti aveva una peculiarità, ma le dinamiche ludiche, la possibilità di giocare in multiplayer e la bontà delle animazioni e del comparto grafico rappresentavano i minimi comuni denominatori delle produzioni: Final Fight aprì la strada nel 1989, sulla prima versione della scheda CP System, mostrando al mondo le potenzialità del genere e la sua immediatezza, e tutti gli altri seguirono alla spicciolata.

I mesi finali del 1991 video la pubblicazione, in rapida successione, di tre capolavori come Captain Commando, con l’ambientazione futuristica e la possibilità di portare attacchi in corsa, The King of Dragons, con il suo rudimentale sistema di esperienza e il bestiario fantasy, e Knights of The Round, che introdusse la possibilità di parare e approfittare poi di una breve finestra di invulnerabilità per infliggere danni ingenti ai nemici.

Warrior of Fate arrivò di lì a qualche mese, a 1992 inoltrato, e girava su una versione migliorata della CP I, con migliorie cromatiche ed acustiche evidenti, portando in dote la possibilità di evocare destrieri da guerra in aggiunta ai numerosi combattenti già presenti in stage, così da ampliare il parco mosse dei propri eroi.

Armored Warriors e Battle Circuit, i due figli spuri di Capcom al debutto assoluto su home console con questa release, videro la luce, rispettivamente, nel 1994 e nel 1997, quando il genere era già stato contaminato e molti pensavano avesse già detto tutto ciò che aveva da dire: alle migliorie estetiche garantite dal passaggio alla CP System II, questi due titoli aggiunsero l’insano livello di personalizzazione del proprio mech (e, conseguentemente, del proprio stile di battaglia) nel caso del primo e l’utilizzo dei dischi di upgrade del secondo, utili a fornire un semplicistico sistema di progressione del personaggio.

Queste aggiunte, comunque, non impedirono al genere di venire relegato in un angolo, tanto che Battle Circuit rimase l’ultimo picchiaduro a scorrimento pubblicato da Capcom in versione arcade.

Aldilà dell’ovvia ripetitività insita nel genere di appartenenza e alla estrema somiglianza che alcuni di questi titoli condividono, il piacere nel rigiocarli (o nell’approcciarvisi per la prima volta) è immutato, e l’esperienza di gioco si adatta perfettamente alle caratteristiche di Switch, console su cui è stata effettuata la nostra prova.

Capcom Beat em Up Bundle 01

Pacchetto completo

La qualità del lavoro svolto da Capcom a livello tecnico è di buonissima fattura: per tutti i giochi contenuti nella compilation è presente una doppia versione, quella occidentale e quell originale giapponese, con differenze che vanno dall’insignificante al notevole, se è vero che il livello medio di difficoltà delle versioni orientali ci è sembrato sensibilmente più alto in certi frangenti.

In Final Fight e Captain Commando, in particolare, ci è parso di scorgere nemici che non ricordavamo nell’edizione europea, probabilmente perché tagliati dalla censura o reskinnati per andare incontro alla (presunta) sensibilità culturale del pubblico al di fuori del Giappone.

In ogni caso, dal menu delle opzioni, è possibile selezionare il numero di giocatori (fino a quattro in locale, con un Joy-Con a testa, ma anche in modalità online), il livello di difficoltà, il numero di vite a disposizione e persino il volume degli effetti sonori, delle musiche e delle voci digitalizzate, che risuoneranno nelle orecchie dei giocatori più navigati a risvegliare ricordi sopiti.

C’è poi una buona quantità di extra, alcuni dei quali sbloccabili solo una volta portato a termine il gioco ad essi collegato, tra bozzetti preparatori, immagini promozionali, artwork inediti che trasudano nostalgia ed amore per questi prodotti da ogni pixel.

Sette classici in un colpo solo...

Multiplayer locale e online

Prezzo concorrenziale

Opzioni per tutti i gusti e qualche extra gustoso

..ma ai più giovani sembreranno reskin dello stesso gioco

Dove sono Cadillac and Dinosaurs, Alien vs Predator e la versione fisica?

8.2

Come già ampiamente dimostrato con Ultra Street Fighter II e, soprattutto, con la recente raccolta dedicata al trentennale di Street Fighter, quando Capcom decide di confezionare una raccolta di alcuni dei suoi picchiaduro storici il risultato è sempre di un certo spessore, tanto per la qualità intrinseca dei giochi quanto per la cura riposta nell’allestimento dei bundle.

Capcom Beat’em Up Bundle non costituisce eccezione a questa regola non scritta, portando sugli schermi di Switch sette prodotti (due dei quali inediti su console) divertenti, immediati ed invecchiati terribilmente bene, al di là delle forti somiglianze che condividono.

Il prezzo richiesto, poi, è quello giusto, e al netto di qualche assenza eccellente, a causa delle dannatissime licenze, e della mancanza di una versione pacchettizzata, questo bundle farà la felicità di moltissimi “vecchi” videogiocatori”, ma scommetteremmo anche sul suo appeal sulle nuove generazioni.a

Voto Recensione di Capcom Beatem Up Bundle - Recensione


8.2

Voto Finale

Il Verdetto di SpazioGames

Pro

  • Sette classici in un colpo solo... Multiplayer locale e online Prezzo concorrenziale Opzioni per tutti i gusti e qualche extra gustoso

Contro

  • ..ma ai più giovani sembreranno reskin dello stesso gioco Dove sono Cadillac and Dinosaurs, Alien vs Predator e la versione fisica?

Commento

Come già ampiamente dimostrato con Ultra Street Fighter II e, soprattutto, con la recente raccolta dedicata al trentennale di Street Fighter, quando Capcom decide di confezionare una raccolta di alcuni dei suoi picchiaduro storici il risultato è sempre di un certo spessore, tanto per la qualità intrinseca dei giochi quanto per la cura riposta nell'allestimento dei bundle. Capcom Beat'em Up Bundle non costituisce eccezione a questa regola non scritta, portando sugli schermi di Switch sette prodotti (due dei quali inediti su console) divertenti, immediati ed invecchiati terribilmente bene, al di là delle forti somiglianze che condividono. Il prezzo richiesto, poi, è quello giusto, e al netto di qualche assenza eccellente, a causa delle dannatissime licenze, e della mancanza di una versione pacchettizzata, questo bundle farà la felicità di moltissimi “vecchi” videogiocatori”, ma scommetteremmo anche sul suo appeal sulle nuove generazioni.a